La Corte Costituzionale boccia il provvedimento sui nidi nei luoghi di lavoro

 Sentenza Corte Costituzionale 23 dicembre 2003 N. 370 
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Riccardo CHIEPPA; Giudici: Gustavo ZAGREBELSKY, Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Alfio FINOCCHIARO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’articolo 70 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2002», promossi con ricorsi delle Regioni Marche, Toscana, Emilia-Romagna e Umbria, notificati il 22, il 27 e il 26 febbraio 2002, depositati in cancelleria il 28 febbraio, il 1° e l’8 marzo successivi ed iscritti ai nn. 10, 12, 23 e 24 del registro ricorsi 2002.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 17 giugno 2003 il Giudice relatore Ugo De Siervo;
uditi gli avvocati Stefano Grassi per la Regione Marche, Fabio Lorenzoni per la Regione Toscana, Giandomenico Falcon per le Regioni Emilia-Romagna e Umbria e l’avvocato dello Stato Paolo Cosentino per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. – Con ricorsi iscritti rispettivamente al n. 10 del 2002 (notificato il 22 febbraio 2002 e depositato il 28 febbraio 2002), al n. 12 del 2002 (notificato il 22 febbraio 2002 e depositato il 1° marzo 2002), al n. 23 del 2002 (notificato il 27 febbraio 2002 e depositato l’8 marzo 2002) e al n. 24 del 2002 (notificato il 26 febbraio 2002 e depositato l’8 marzo 2002) del registro ricorsi, le Regioni Marche, Toscana, Emilia-Romagna e Umbria, nell’impugnare numerose disposizioni della legge 28 dicembre 2001, n.448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2002), censurano, tra l’altro, l’art. 70, recante «Disposizioni in materia di asili nido», per violazione degli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione.
2. – La Regione Marche censura i commi 1, 2, 3, 4, 6 e 8 dell’art. 70 per violazione degli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione.
La ricorrente lamenta innanzitutto che il combinato disposto dei commi 1, 3, 4 ed 8, dell’art. 70, nel prevedere l’istituzione di un fondo settoriale di finanziamento degli asili nido, violerebbe il riparto delle competenze legislative definite dall’art. 117 della Costituzione. La disciplina degli asili nido, infatti, non essendo riconducibile alle materie elencate dai commi secondo e terzo della citata norma costituzionale, dovrebbe ritenersi attribuita alla potestà legislativa residuale delle Regioni, in quanto facente parte della materia della assistenza. Sarebbe altresì violato l’art. 118 della Costituzione, in quanto l’attribuzione di funzioni amministrative al livello centrale operata dalla norma non troverebbe giustificazione né in esigenze di carattere unitario, né nei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza che, nell’attuale sistema costituzionale, giustificano ogni allocazione di funzioni amministrative.
La disposizione censurata, inoltre, nella parte in cui prevede l’istituzione di un fondo statale a destinazione vincolata per la costruzione e gestione degli asili nido e dei micro-nidi nei luoghi di lavoro, violerebbe l’autonomia finanziaria di entrata e di spesa riconosciuta alle Regioni dall’art. 119 della Costituzione, il quale, di regola, non ammetterebbe fondi statali o risorse aggiuntive a destinazione vincolata.
La Regione Marche censura inoltre il comma 2 dell’art. 70, “se ed in quanto si ritenga produttivo di un qualche effetto giuridico”. Tale norma, nel ricondurre gli asili nido tra le competenze fondamentali dello Stato, delle Regioni e degli enti locali, violerebbe il sistema delle competenze normative e amministrative definito dagli artt. 117 e 118 della Costituzione.
La ricorrente impugna infine il comma 6, che stabilisce che le spese per la partecipazione alla gestione dei micro-asili e dei nidi nei luoghi di lavoro sono deducibili dall’imposta sul reddito dei genitori e dei datori di lavoro, nella misura determinata con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze. Tale disposizione contrasterebbe con l’art. 117, secondo comma lettera e) e quarto comma, nonché con l’art. 119, primo e secondo comma, della Costituzione, nella parte in cui non esclude che la deducibilità delle spese si possa riferire a tributi diversi da quelli statali, e quindi consente l’applicazione dell’agevolazione fiscale anche ai tributi regionali e locali. La norma censurata, infatti, non sarebbe riconducibile alla competenza statale in materia di principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario di cui all’art. 119, secondo comma, della Costituzione.
3. – La Regione Toscana impugna anch’essa, con analoghe motivazioni, i commi 1, 3, 4 ed 8, dell’art. 70 della legge n. 448 del 2001, per violazione dell’art. 119 della Costituzione e dell’autonomia finanziaria di entrata e di spesa da esso riconosciuta alle Regioni.
Impugna inoltre il comma 2 dell’art. 70 per violazione dell’art. 117 della Costituzione, poiché la materia degli asili nido e, in generale, dei servizi sociali rientrerebbe nell’ambito della potestà legislativa residuale delle Regioni.
La Regione Toscana, infine, censura il comma 5 dell’art. 70, che consente allo Stato e agli enti pubblici nazionali di istituire, nell’ambito dei propri uffici, dei micro-nidi, quali strutture per la cura e l’assistenza dei figli dei dipendenti, disponendo che gli standard minimi organizzativi di tali strutture siano definiti in sede di Conferenza unificata.
Tale previsione, nella parte in cui sottrae le suddette strutture alla normativa regionale prevista per tutti gli asili nido, violerebbe l’art. 117, quarto comma, della Costituzione.
4. – Le Regioni Emilia-Romagna ed Umbria, con argomentazioni tra loro pressoché identiche, sostengono l’illegittimità costituzionale dell’art. 70 della legge n. 448 del 2001 che, istituendo un apposito fondo statale, gestito dal Ministero del lavoro da ripartire annualmente fra le Regioni, contrasterebbe, oltre che con l’art. 117, quarto comma, della Costituzione, anche con l’art. 119, quarto comma, il quale prevede che le funzioni ordinarie attribuite alle Regioni e agli enti locali siano integralmente finanziate dallo Stato.
In particolare, il comma 2, della disposizione impugnata, definendo come “competenze fondamentali dello Stato, delle Regioni e degli enti locali” gli asili nido, violerebbe l’art. 117, secondo comma lettera p), il quale attribuisce alla competenza esclusiva della legge statale la definizione delle “funzioni fondamentali” con esclusivo riferimento a quelle dei Comuni, delle Province e delle Città metropolitane.
Quest’ultima norma censurata, infine, lederebbe le competenze legislative riconosciute alle Regioni dall’art. 117, quarto comma, della Costituzione.
5. – Si è costituito in ciascuno dei giudizi il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, secondo la quale le censure proposte dalle Regioni sarebbero infondate. La disciplina degli asili nido, infatti, data la loro “particolarissima valenza”, non potrebbe essere ricompresa tra le materie di competenza delle Regioni e degli enti locali, ma rientrerebbe tra quelle affidate alla legislazione esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, relativa alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. La norma censurata, inoltre, sarebbe conforme all’art. 119, quarto comma, della Costituzione.
La difesa erariale, infine, nella memoria di costituzione depositata nel giudizio introdotto dalla Regione Umbria, sostiene che la materia in questione rientrerebbe nell’ambito di quell’interesse nazionale che è sotteso alla disciplina del Titolo V della Costituzione, “come limite, implicito ma imprescindibile di cui si deve tener conto al fine di valutare” la sussistenza del potere statale di intervenire per assicurare i diritti primari dei cittadini.
6. – Nelle memorie depositate in prossimità dell’udienza, le Regioni Emilia-Romagna e Umbria, con analoghe argomentazioni, confutano le eccezioni prospettate dalla difesa erariale. In particolare, sostengono che la pretesa riconducibilità della disciplina alla competenza statale in materia di “livelli essenziali delle prestazioni” di cui alla lettera m) dell’art. 117, secondo comma, Cost., sarebbe palesemente infondata, dal momento che nella disposizione impugnata non si troverebbe nulla che sia rivolto a determinare il livello essenziale del servizio “asilo nido”, né che abbia una funzione anche lontanamente corrispondente.
Anche la Regione Marche, in prossimità dell’udienza, ha depositato una memoria nella quale ribadisce che la disciplina degli asili nido non può essere ricondotta a nessuna delle materie elencate nel primo e nel secondo comma dell’art. 117 della Costituzione, risultando dunque ricompresa negli ambiti di legislazione residuale regionale. Al riguardo, la ricorrente ritiene che gli asili nido debbano essere considerati parte della materia dell’assistenza sociale. Tale conclusione sarebbe supportata dalla legislazione nazionale, dalla legislazione regionale, dalla stessa giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 139 del 1985 e n. 319 del 1983); e sul fatto che l’ambito disciplinare dei servizi sociali debba essere ritenuto afferente alla competenza residuale delle Regioni, come sostenuto dalla dottrina, non potrebbero sussistere dubbi interpretativi di sorta. Né a sostegno della competenza legislativa dello Stato potrebbe invocarsi il titolo di legittimazione dei “livelli essenziali delle prestazioni” di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. La ricorrente, con ampio supporto di dottrina e riferendosi alle due sentenze di questa Corte in materia (n. 88 del 2003 e n. 282 del 2002), osserva che la disposizione impugnata, lungi dal dettare una disciplina sul contenuto essenziale del diritto alla fruizione del servizio “asilo nido”, conterrebbe norme sul finanziamento degli oneri che derivano dall’istituzione di detto servizio, con ciò invadendo illegittimamente la competenza legislativa spettante alle Regioni.
Quanto alla violazione dell’art. 118 Cost., la Regione Marche ribadisce che l’attribuzione a livello centrale delle funzioni amministrative di cui alla disposizione impugnata, non troverebbe alcuna giustificazione né nelle esigenze di esercizio unitario né tanto meno nei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. Afferma inoltre, che lo Stato non sarebbe comunque dotato della competenza legislativa per allocare le funzioni amministrative, se non nelle materie di legislazione esclusiva.
Sulla violazione dell’art. 119 Cost., la ricorrente insiste sulla inammissibilità di un fondo statale destinato agli asili nido, dal momento che la nuova disposizione costituzionale ha tipizzato le fonti di entrata delle Regioni e degli enti locali prevedendo solo due tipi di trasferimento da parte dello Stato: il fondo perequativo senza vincoli di destinazione; le risorse aggiuntive e gli interventi speciali, assegnati come trasferimenti a carattere selettivo e non a tutti gli enti del medesimo livello istituzionale. In nessuna di tali figure potrebbe in alcun modo rientrare il fondo previsto dalla disposizione impugnata.
Infine, con specifico riferimento al comma 6 dell’art. 70, censurato per la parte in cui si riferisce anche a tributi regionali e locali, la Regione Marche evidenzia come nel nuovo quadro delle competenze costituzionali al legislatore statale spetti soltanto la competenza esclusiva sul “sistema tributario dello Stato” e quella sui principi fondamentali per il coordinamento del sistema tributario complessivo. Dunque allo Stato non sarebbe consentita l’istituzione diretta di esenzioni a tributi regionali e locali, ma forse soltanto la previsione del potere regionale di stabilire tali esenzioni; da ciò, la violazione sia dell’art. 117 che dell’art. 119 Cost., sotto il profilo della lesione dell’autonomia di entrata della Regione.
Anche l’Avvocatura dello Stato, nel giudizio introdotto dalla Regione Marche (ric. n. 10 del 2002), ha presentato una memoria nella quale si limita a ribadire quanto già dedotto nell’atto di costituzione e conclude per la piena riconducibilità della disciplina impugnata all’art. 117, secondo comma, lettera m), e all’art. 119, quarto comma, Cost.
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Considerato in diritto
1. – Le Regioni Marche, Toscana, Emilia-Romagna ed Umbria, nell’impugnare numerose disposizioni della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2002), censurano, tra l’altro, l’art. 70 di tale legge (Disposizioni in materia di asili nido).
Per ragioni di omogeneità di materia, la trattazione della questione di costituzionalità indicata viene separata da quella delle altre, sollevate con i medesimi ricorsi, oggetto di distinte decisioni.
L’art. 70, al comma 1, istituisce un fondo per gli asili nido nell’ambito dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Il comma 2 qualifica poi gli asili nido come strutture volte a “garantire la formazione e la socializzazione delle bambine e dei bambini” dai tre mesi ai tre anni e definisce le funzioni ad essi inerenti come “competenze fondamentali dello Stato, delle Regioni e degli enti locali”.
Il comma 3 dispone che il fondo speciale venga ripartito annualmente tra le Regioni, sentita la Conferenza unificata, con decreto del Ministero del lavoro di concerto con il Ministro dell’economia.
Il comma 4 stabilisce che le Regioni, “nei limiti delle proprie risorse ordinarie di bilancio e di quelle aggiuntive” costituite appunto dal Fondo, ripartiscono le risorse finanziarie tra i Comuni che ne fanno richiesta per la costruzione e la gestione degli asili nido e dei micro-nidi nei luoghi di lavoro.
Il comma 5 consente alle amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici nazionali di istituire nell’ambito dei propri uffici, dei micro-nidi quali strutture destinate alla cura e all’accoglienza dei figli dei dipendenti, e riserva la definizione degli standard minimi organizzativi alla Conferenza unificata di cui all’art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali).
Il comma 6 dispone inoltre che le spese di partecipazione alla gestione dei micro-nidi e dei nidi nei luoghi di lavoro sono deducibili dalle imposte sul reddito dei genitori e dei datori di lavoro, nella misura determinata con decreto da emanarsi dal Ministro dell’economia.
Il comma 7 consente alla Cassa depositi e prestiti di concedere ai Comuni, anche in deroga ai limiti di indebitamento previsti, i mutui necessari per il finanziamento della costruzione degli asili nido.
Infine, il comma 8 stabilisce la dotazione del fondo istituito dal comma 1, per gli anni 2002, 2003, 2004, nonché le modalità per la determinazione di tale dotazione a decorrere dall’anno 2005.
2. – Tutte le Regioni ricorrenti censurano l’art. 70 della legge n. 448 del 2001 nella parte in cui prevede l’istituzione di un fondo a destinazione vincolata, ritenendo tale disposizione in contrasto con l’art. 117, quarto comma, della Costituzione, in quanto disporrebbe in ambiti affidati alla potestà legislativa residuale delle Regioni, nonché con l’art. 119 della Costituzione, il quale non consentirebbe la creazione di fondi statali a destinazione vincolata.
La Regione Marche lamenta, inoltre, la violazione dell’art. 118 della Costituzione in quanto l’attribuzione di funzioni amministrative allo Stato non troverebbe alcuna giustificazione nei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.
Tutte le ricorrenti censurano specificamente anche il comma 2 dell’art. 70, nella parte in cui riconosce “funzioni fondamentali” in materia di asili nido allo Stato, oltre che alle Regioni e agli enti locali per violazione dell’art. 117, quarto comma, della Costituzione. La Regione Marche censura tale norma anche per contrasto con l’art. 118 della Costituzione.
La Regione Toscana impugna altresì il comma 5 dell’art. 70, in relazione all’art. 117 della Costituzione, nella parte in cui demanda alla Conferenza unificata la definizione degli standard minimi organizzativi dei micro-nidi nei luoghi di lavoro istituiti dalle amministrazioni statali e degli enti pubblici, in quanto tale materia sarebbe riservata alla potestà legislativa residuale delle Regioni.
La Regione Marche, infine, censura anche il comma 6 dell’art. 70 per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e) e quarto comma, nonché dell’art. 119, commi primo e secondo, della Costituzione, nella parte in cui non esclude che la deducibilità delle spese di partecipazione alla gestione dei micro-nidi e dei nidi nei luoghi di lavoro, si possa riferire a tributi diversi da quelli statali.
Deve essere precisato che le censure mosse dalle Regioni Emilia-Romagna e Umbria, per quanto formalmente riferite all’intero articolo 70, tuttavia, in considerazione del loro effettivo contenuto, devono ritenersi limitate ai commi 1, 2 e 3.
Considerata la loro sostanziale identità, i quattro ricorsi, per la parte relativa all’art. 70 della legge n.448 del 2001, vanno riuniti per essere trattati congiuntamente e decisi con un’unica sentenza.
3. – Appare necessario, in via preliminare, individuare la riferibilità della disciplina in tema di asili nido alle categorie utilizzate nell’art. 117 della Costituzione per definire le diverse competenze legislative di Stato e Regioni.
La più risalente disciplina legislativa statale configurava gli asili nido come servizi aziendali di carattere sanitario ed assistenziale a favore delle madri che lavoravano nelle maggiori aziende industriali e commerciali. La stessa creazione dei primi asili nido pubblici a livello territoriale era finalizzata a conseguire “in ogni centro industriale l’istituzione di un asilo-nido aperto ai figli di tutte le donne costrette per qualsiasi genere di lavoro ad assentarsi dalla casa ed ubicato in modo che le madri (potessero) agevolmente e senza perdita di tempo recarvisi per l’allattamento” (art. 137, secondo comma, del regio decreto 15 aprile 1926, n. 718 che approva il regolamento per l’esecuzione della legge 10 dicembre 1925, n. 2277 sulla protezione e l’assistenza della maternità e dell’infanzia).
Solo nel dopoguerra, in presenza di profonde trasformazioni economiche, sociali e di costume, gli asili nido divengono progressivamente un vero e proprio servizio sociale a favore dell’infanzia e della famiglia, aperto tendenzialmente alla totalità della popolazione.
La legge 6 dicembre 1971, n. 1044 (Piano quinquennale per l’istituzione di asili-nido comunali con il concorso dello Stato), all’art. 1, secondo comma, definisce come “servizio sociale di interesse pubblico” l’assistenza negli asili nido ai bambini fino a tre anni, ma individua ancora come scopo di tali strutture quello “di provvedere alla temporanea custodia dei bambini per assicurare una adeguata assistenza alla famiglia e anche per facilitare l’accesso della donna al lavoro nel quadro di un completo sistema di sicurezza sociale”.
Successivamente, peraltro, diverse leggi delle Regioni e delle Province autonome – cui l’art. 6 della legge n. 1044 del 1971 demanda la fissazione dei criteri per la costruzione, la gestione e il controllo degli asili nido – hanno riconosciuto a tali istituzioni anche funzioni educative, al tempo stesso procedendo ad una maggiore qualificazione del relativo personale (si vedano, ad esempio, tra le più significative, la legge regionale della Toscana 2 settembre 1986, n. 47 recante “Nuova disciplina degli asili nido”; la legge regionale della Liguria del 6 giugno 1988, n. 21 recante “Riordino e programmazione dei servizi sociali della Regione Liguria”; la legge regionale dell’Umbria del 2 giugno 1987 n. 30 recante “Nuova disciplina della istituzione e del funzionamento degli asili-nido”; nonché, più di recente la legge della Regione Emilia-Romagna del 10 gennaio 2000, n. 1 recante “Norme in materia di servizi educativi per la prima infanzia”; e la legge della Regione Toscana del 26 luglio 2002, n. 32 recante “Testo unico della normativa della Regione Toscana in materia di educazione, istruzione, orientamento, formazione professionale e lavoro”.
Conformemente a questa evoluzione, lo stesso art. 70, oggetto del presente giudizio, al comma 2, definisce gli asili nido come “strutture dirette a garantire la formazione e la socializzazione delle bambine e dei bambini di età compresa tra i tre mesi ed i tre anni ed a sostenere le famiglie ed i genitori”.
Parallelamente a questo processo evolutivo delle finalità del servizio prestato, la realizzazione e la gestione degli asili nido è stata essenzialmente affidata ai Comuni, sulla base di un piano annuale predisposto dalle Regioni (legge n. 1044 del 1971, e legge 29 novembre 1977, n. 891 recanti “Norme per il rifinanziamento del piano degli asili nido e modifica della legge istitutiva 6 dicembre 1971, n. 1044”). Al fine di consentire la realizzazione di tali strutture, è stato istituito presso il Ministero della sanità, un apposito fondo speciale da ripartire tra le Regioni per la erogazione di contributi ai Comuni. A questi ultimi, inoltre, sono state attribuite le funzioni amministrative relative agli asili nido prima svolte dall’Opera nazionale per la maternità e l’infanzia (ONMI), in occasione del suo scioglimento (legge 23 dicembre 1975, n. 698, recanti “Scioglimento e trasferimento delle funzioni dell’Opera nazionale per la protezione della maternità e dell’infanzia”). In questa legislazione, oltre alla funzione di ripartizione dei finanziamenti, viene attribuita alle Regioni anche una funzione di tipo programmatorio consistente nella elaborazione del piano annuale degli asili nido, predisposto sulla base delle richieste dei Comuni, in cui vengono fissate le priorità di intervento. È inoltre riconosciuta una funzione legislativa concernente la determinazione dei “criteri generali per la costruzione, la gestione e il controllo degli asili-nido” (art. 6 della legge n. 1044 del 1971) e le “funzioni trasferite relativamente alla protezione ed all’assistenza alla maternità ed infanzia in rapporto ai servizi sanitari ed assistenziali esistenti, coordinandole con l’assistenza all’infanzia” (art. 4 della legge n. 698 del 1975).
Non mancano inoltre le disposizioni generali che operano il trasferimento delle funzioni amministrative dallo Stato alle Regioni ad autonomia ordinaria, là dove gli asili nido debbono ritenersi ricompresi nelle vaste nozioni di “servizi sociali” di cui agli artt. 17 e seguenti del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all’art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382) e agli artt. 128 e seguenti del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del Capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59).
In riferimento alla disciplina costituzionale precedentemente vigente, la giurisprudenza di questa Corte, a più riprese, ha affermato che gli asili nido erano speciali servizi sociali di interesse pubblico, riconducibili alla materia “assistenza e beneficenza pubblica” di cui al precedente art. 117 Cost. (si vedano le sentenze n. 139 del 1985; n. 319 del 1983; n. 174 del 1981).
Più di recente, questa Corte, nella sentenza n. 467 del 2002, anche in considerazione della evoluzione legislativa in materia e proprio sulla base dell’art. 70 in esame, ha affermato che “il servizio fornito dall’asilo nido non si riduce ad una funzione di sostegno alla famiglia nella cura dei figli o di mero supporto per facilitare l’accesso dei genitori al lavoro, ma comprende anche finalità formative, essendo rivolto a favorire l’espressione delle potenzialità cognitive, affettive e relazionali del bambino”. Pertanto, pur negandosi l’inserimento degli asili nido nell’ambito delle vere e proprie istituzioni scolastiche, si è rilevata “la assimilazione, ad opera della legislazione ordinaria, delle finalità di formazione e socializzazione perseguite dagli asili nido rispetto a quelle propriamente riconosciute alle istituzioni scolastiche”.
4. – Su questa base, ed in riferimento al nuovo Titolo V della seconda parte della Costituzione, caratterizzato – come ben noto – dalla individuazione espressa dei poteri legislativi dello Stato, vi è anzitutto da escludere che la disciplina legislativa degli asili nido dettata dalla normativa in esame possa spettare allo Stato sulla base del secondo comma dell’art. 117 della Costituzione, che enumera le materie di esclusiva competenza legislativa dello Stato.
Né a ciò si può giungere, come pure sostiene la difesa erariale, in considerazione del potere esclusivo dello Stato di determinare, ai sensi dell’art. 117, secondo comma lettera m), della Costituzione, i “livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”: l’articolo 70 della legge n. 448 del 2001 non ha affatto le caratteristiche sostanziali e formali che potrebbero farlo annoverare fra gli atti espressivi di questo potere di predeterminazione normativa dei livelli essenziali (si vedano al riguardo le sentenze n. 88 del 2003 e n. 282 del 2002).
Né, tanto meno, è invocabile – come pure sostiene l’Avvocatura dello Stato – la sussistenza di un “interesse nazionale”, che sarebbe “sotteso alla disciplina del Titolo quinto della Costituzione, come limite, implicito ma imprescindibile, di cui tener conto al fine di disciplinare settori essenziali per garantire i diritti primari dei cittadini”. Una categoria giuridica del genere è infatti estranea al disegno costituzionale vigente, come questa Corte ha rilevato, affermando che “l’interesse nazionale non costituisce più un limite di legittimità, né di merito, alla competenza legislativa regionale” (sentenza n. 303 del 2003).
Neppure può essere accolta la tesi sostenuta dalle ricorrenti secondo la quale la disciplina concernente gli asili nido sarebbe riconducibile alle materie che il quarto comma dell’art. 117 della Costituzione attribuisce alla competenza legislativa “residuale” delle Regioni e, in particolare, alle materie dell’assistenza e dei servizi sociali. Tale ricostruzione, che porterebbe ad escludere radicalmente ogni possibilità di disciplina degli asili nido da parte del legislatore statale, non tiene conto dell’evoluzione della legislazione in tema di asili nido, che ha progressivamente assegnato al servizio in esame anche una funzione educativa e formativa, oltre che una funzione di tutela del lavoro, in quanto servizio volto ad agevolare i genitori lavoratori.
In via generale, occorre inoltre affermare l’impossibilità di ricondurre un determinato oggetto di disciplina normativa all’ambito di applicazione affidato alla legislazione residuale delle Regioni ai sensi del comma quarto del medesimo art. 117, per il solo fatto che tale oggetto non sia immediatamente riferibile ad una delle materie elencate nei commi secondo e terzo dell’art. 117 della Costituzione.
Per quel che attiene in particolare agli asili nido, per quanto già evidenziato in relazione alle funzioni educative e formative riconosciute loro, nonché in considerazione della finalità di rispondere alle esigenze dei genitori lavoratori, è indubbio che, utilizzando un criterio di prevalenza, la relativa disciplina non possa che ricadere nell’ambito della materia dell’istruzione (sia pure in relazione alla fase pre-scolare del bambino), nonché per alcuni profili nella materia della tutela del lavoro, che l’art. 117, terzo comma, della Costituzione, affida alla potestà legislativa concorrente; fatti salvi, naturalmente, gli interventi del legislatore statale che trovino legittimazione nei titoli “trasversali” di cui all’art. 117, secondo comma, della Costituzione.
L’art. 70 della legge n. 448 del 2001, dunque, facendo espresso riferimento alle funzioni educative e formative riconosciute agli asili nido (comma 2), nonché in considerazione della finalità di “favorire la conciliazione tra esigenze professionali e familiari dei genitori lavoratori” (comma 5), costituisce indubbiamente esercizio di potestà legislativa concorrente, nell’ambito della quale il legislatore statale è abilitato alla determinazione dei relativi principi fondamentali.
L’articolo in esame contiene inoltre alcune disposizioni in settori di sicura competenza esclusiva dello Stato, come l’organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali (comma 5) e il sistema tributario dello Stato (comma 6).
5. – Sulla base di tali considerazioni, è possibile esaminare le singole censure proposte dalle Regioni ricorrenti.
Vanno anzitutto accolte le censure delle ricorrenti relative al comma 2 dell’art. 70: appare, infatti, estraneo e contraddittorio con l’art. 117 della Costituzione affermare che gli asili nido rientrino “tra le competenze fondamentali dello Stato”. Tale disposizione appare del tutto estranea al quadro costituzionale sopra ricostruito; riferita alle funzioni amministrative, la disposizione contrasta con l’art. 118 della Costituzione e con il principio di sussidiarietà individuato da tale disposizione quale normale criterio di allocazione di tali funzioni, che ne impone la ordinaria spettanza agli enti territoriali minori, anche in considerazione della circostanza che la legislazione vigente in materia di asili nido già le attribuisce ai Comuni e alle Regioni.
6. – Del pari va accolto il rilievo sollevato dalla Regione Toscana relativamente alla previsione, contenuta nel comma 5 dell’art. 70, che – in relazione ai micro-nidi da realizzare nelle amministrazioni statali e negli enti pubblici nazionali – prescrive che i relativi standard minimi organizzativi debbano essere “definiti in sede di Conferenza unificata di cui all’art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281”.
Anche a questo specifico proposito, infatti, non possono non valere le considerazioni svolte sopra in relazione alla molteplicità di ambiti materiali toccati dalla disciplina degli asili nido, da cui discende l’impossibilità di negare la competenza legislativa delle singole Regioni, in particolare per la individuazione di criteri per la gestione e l’organizzazione degli asili, seppure nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti dal legislatore statale.
7. – I maggiori rilievi sollevati dalle Regioni ricorrenti riguardano la creazione del fondo per gli asili nido (comma 1); la determinazione delle modalità del riparto annuo ad opera del Ministro del lavoro e delle politiche sociali (comma 3); la ripartizione, da parte delle Regioni, delle risorse finanziarie tra i Comuni operanti nel settore “nei limiti delle proprie risorse ordinarie di bilancio e di quelle aggiuntive di cui al comma 3” (comma 4); la quantificazione dell’ammontare del fondo (comma 8).
Le Regioni ricorrenti sostengono che queste disposizioni violerebbero l’art. 119 Cost., poiché quest’ultimo non ammetterebbe “fondi statali o risorse aggiuntive a destinazione vincolata, ad eccezione di quanto previsto dal comma quinto in relazione agli speciali interventi a favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni”.
Questi rilievi sono fondati.
Occorre preliminarmente osservare che il decreto del Ministero del lavoro 11 ottobre 2002 (Istituzione del fondo per gli asili nido) ha provveduto a ripartire tra le Regioni, per l’anno 2002, le risorse del fondo istituito dall’art. 70 in esame, secondo i criteri indicati dall’art. 1, comma 2, dello stesso decreto.
Il meccanismo di finanziamento delineato dalla norma censurata, tuttavia, se era coerente con il precedente assetto legislativo di cui alla legge n. 1044 del 1971 e alla legge n. 891 del 1977, non è più utilizzabile a seguito dei rilevanti mutamenti introdotti dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della seconda parte della Costituzione).
Il nuovo art. 119 della Costituzione, prevede espressamente, al quarto comma, che le funzioni pubbliche regionali e locali debbano essere “integralmente” finanziate tramite i proventi delle entrate proprie e la compartecipazione al gettito dei tributi erariali riferibili al territorio dell’ente interessato, di cui al secondo comma, nonché con quote del “fondo perequativo senza vincoli di destinazione”, di cui al terzo comma. Gli altri possibili finanziamenti da parte dello Stato, previsti dal quinto comma, sono costituiti solo da risorse eventuali ed aggiuntive “per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio” delle funzioni, ed erogati in favore “di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni”.
Pertanto, nel nuovo sistema, per il finanziamento delle normali funzioni di Regioni ed Enti locali, lo Stato può erogare solo fondi senza vincoli specifici di destinazione, in particolare tramite il fondo perequativo di cui all’art. 119, terzo comma, della Costituzione.
Dal momento che l’attività dello speciale servizio pubblico costituito dagli asili nido rientra palesemente nella sfera delle funzioni proprie delle Regioni e degli enti locali, è contraria alla disciplina costituzionale vigente la configurazione di un fondo settoriale di finanziamento gestito dallo Stato, che viola in modo palese l’ autonomia finanziaria sia di entrata che di spesa delle regioni e degli enti locali e mantiene allo Stato alcuni poteri discrezionali nella materia cui si riferisce.
Appare evidente che la attuazione dell’art. 119 Cost. sia urgente al fine di concretizzare davvero quanto previsto nel nuovo Titolo V della Costituzione, poiché altrimenti si verrebbe a contraddire il diverso riparto di competenze configurato dalle nuove disposizioni; inoltre, la permanenza o addirittura la istituzione di forme di finanziamento delle Regioni e degli enti locali contraddittorie con l’art. 119 della Costituzione espone a rischi di cattiva funzionalità o addirittura di blocco di interi ambiti settoriali.
Sulla base di quanto detto, va dichiarata la illegittimità costituzionale dell’art. 70, commi 1, 3 e 8, nonché comma 4, limitatamente all’inciso “nei limiti delle proprie risorse ordinarie di bilancio e di quelle aggiuntive di cui al comma 3”. La particolare rilevanza sociale del servizio degli asili-nido, relativo a prestazioni che richiedono continuità di erogazione in relazione ai diritti costituzionali implicati, comporta peraltro che restino salvi gli eventuali procedimenti di spesa in corso, anche se non esauriti.
8. – Infondato, infine, deve ritenersi il rilievo di costituzionalità sollevato dalla Regione Marche in relazione al comma 6 dell’art. 70, “nella parte in cui non esclude che la deducibilità delle spese di partecipazione alla gestione dei micro-asili e dei nidi nei luoghi di lavoro si possa riferire a tributi diversi da quelli statali”. A tale disposizione è stata data attuazione con il d.m. 17 maggio del 2002 (Deducibilità delle spese di partecipazione alla gestione di micro-nidi e dei nidi nei luoghi di lavoro) il quale, per gli anni 2002, 2003, 2004, ha fissato l’importo delle spese di partecipazione ai micro-nidi sostenute dai genitori, deducibili dal reddito complessivo, nonché l’importo delle spese sostenute dal datore di lavoro, deducibili dal reddito di impresa o di lavoro autonomo.
Il rilievo prospettato è basato su una erronea lettura del comma 6 dell’art. 70 (oggetto anche di una interpretazione autentica da parte del comma 6 dell’art. 91 della legge n. 289 del 2002, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003). per profili peraltro irrilevanti ai fini del presente giudizio). Esso, infatti, non si riferisce a imposte regionali o locali, ma riguarda le sole imposte statali sui redditi dei genitori e dei datori di lavoro, rispetto alle quali le Regioni e gli Enti locali possono semplicemente aggiungere aliquote addizionali, senza peraltro alcun potere in tema di determinazione degli oneri deducibili (sugli attuali limitati poteri tributari delle Regioni, si vedano le sentenze n. 311, n. 297 e n. 296 del 2003).
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riservata ogni decisione sulle restanti questioni di legittimità costituzionale della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2002), sollevate dalle Regioni Marche, Toscana, Emilia-Romagna, e Umbria con i ricorsi indicati in epigrafe;
riuniti i giudizi relativi all’art. 70 della legge 28 dicembre 2001, n. 448;
dichiara l’illegittimità costituzionale, nei limiti di cui in motivazione, dell’art. 70, commi 1, 3 e 8, della legge n. 448 del 2001;
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 70, comma 2, limitatamente alle parole “fondamentali dello Stato”, della legge n. 448 del 2001;
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 70, comma 4, limitatamente alle parole “nei limiti delle proprie risorse ordinarie di bilancio e di quelle aggiuntive di cui al comma 3”, della legge n. 448 del 2001;
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 70, comma 5, limitatamente alle parole “i cui standard minimi organizzativi sono definiti in sede di Conferenza unificata di cui all’art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281” della legge n. 448 del 2001;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 70, comma 6, della legge n. 448 del 2001, sollevata dalla Regione Marche, per violazione degli artt. 117, secondo comma lettera e), e quarto comma e 119, primo e secondo comma della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 dicembre 2003.
F.to:
Riccardo CHIEPPA, Presidente
Ugo DE SIERVO, Redattore
Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 23 dicembre 2003.
Il Cancelliere
F.to: FRUSCELLA