La Cassazione ribadisce: la TARSU compete alla scuola

 Sentenza Corte di Cassazione 1 settembre 2004, n. 17617 
Corte Suprema di Cassazione
Sezione 5

Sentenza n. 17617/2004

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RIGGIO Ugo, Presidente;
Dott. D’ALONZO Michele, Consigliere;
Dott. EBNER Vittorio Glauco, Consigliere;
Dott. SOTGIU Simonetta, Consigliere;
Dott. MARIGLIANO Eugenia, rel. Consigliere.

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

COMUNE DI NAPOLI, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA A. CATALANI 26, presso lo studio dell’avvocato ENRICO D’ANNIBALE, difeso dall’avvocato EDOARDO BARONE, giusta delega in calce;
– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE DIREZIONE DIDATTICA STATALE G. OBERDAN, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 90/01 della Commissione tributaria regionale di NAPOLI, depositata il 03/04/01;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 05/05/04 dal Consigliere Dott. Eugenia MARIGLIANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SALZANO Francesco che ha concluso per l’accoglimento del secondo motivo del ricorso.

FATTO

Il Ministero della pubblica istruzione impugnava innanzi alla C.T.P. di Napoli cartella di pagamento n. 8477464, notificata dal Banco di Napoli spa, concessionario per la riscossione dei tributi, a carico della Direzione didattica G. Oberdan sul ruolo di quel Comune e relativo alla tassa di smaltimento dei rifiuti solidi urbani per l’anno 1997/98, lamentando la violazione della legge n. 23/1996 la quale stabilisce che “le spese varie d’ufficio” delle scuole di ogni ordine e grado sono a carico del Comune o della Provincia, nonché dell’art. 62 d.lgs. n. 507/1993 in quanto era stata accertata una superficie imponibile superiore a quella che effettivamente poteva produrre rifiuti.

Si costituiva il Comune eccependo l’inammissibilità del ricorso in quanto il ruolo poteva essere impugnato solo vizi propri, essendo stato preceduto dalla notifica di un avviso di accertamento divenuto definitivo perché non impugnato.

La C.T.P. accoglieva il ricorso ed annullava il ruolo. La C.T.R. della Campania rigettava l’appello del Comune in ordine alla pretesa inammissibilità del ricorso per non aver provato il Comune la pregressa notifica dell’avviso di accertamento per cui legittimamente il Ministero P.I. aveva fatto valere, impugnando il ruolo, motivi anche relativi al merito. Affermava, inoltre, che con l’entrata in vigore della l. n. 23/1996 la TARSU era da considerarsi a carico del Comune per le scuole materne, elementari e medie inferiori e della Provincia per le scuole medie superiori. Avverso detta decisione propone ricorso per Cassazione il comune di Napoli sulla base di due motivi. Resiste con controricorso il Ministero P.I..

DIRITTO

Con il primo motivo il Comune denuncia la violazione dell’art. 19 d.lgs. n. 546/1992 per avere la C.T.R. rigettato l’eccezione di inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero P.I. sulla base di motivi di merito in quanto la cartella di pagamento avrebbe dovuto essere impugnata solo per vizi propri, non avendo mai il Ministero ricorrente contestato la mancata notifica di atti prodromici alla stessa.

Con la seconda censura si lamenta la violazione dell’art. 3 l. n. 23/1996 per avere i giudici del merito ritenuto che “nelle spese varie d’ufficio” a carico degli enti locali di cui parla la norma invocata fossero comprese anche le tasse per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani mentre tali spese sono da considerarsi a carico di chi gestisce l’attività dell’istruzione e, quindi, del Ministero P.I..

Il primo motivo è infondato.
Il Comune ha sostenuto sempre in giudizio di avere notificato alla Direzione didattica avviso di accertamento TARSU, atto prodromico alla cartella di pagamento impugnata, e che sul punto controparte non aveva mai addotto alcuna opposizione; dall’esame degli atti, permesso a questa Corte trattandosi di denuncia di vizio in procedendo, risulta, invece, che il Ministero P.I. nelle controdeduzioni all’appello dell’Ente locale aveva sostenuto l’inapplicabilità dell’art. 19 d.lgs. n. 546/1992, contestando detto assunto, dato che mai la Direzione didattica aveva avuto notificato un avviso di accertamento ed, inoltre, i giudici del merito hanno dichiarato in sentenza che il Comune non aveva dato mai prova dell’avvenuta notifica nei confronti della resistente. Tale ultima affermazione costituendo un accertamento di fatto rimesso al giudice del merito è insindacabile in Cassazione se correttamente motivato. Peraltro, il ricorso per Cassazione, proposto sulla base della denuncia di un errore in cui sarebbe incorso il giudice del gravame di merito per avere ignorato un documento che si sostiene acquisito agli atti del processo e menzionato dalle parti, è inammissibile, non corrispondendo un errore di tal genere ad alcuno dei motivi per i quali l’art. 360 c.p.c. consenta tale tipo d’impugnazione; detto errore può essere eventualmente dedotto a fondamento del diverso rimedio per revocazione, previsto dall’art. 395 c.p.c. (v, ex multis, cass. civ. sentt. nn. 8600 del 2003 e 6758 del 2001).

Il secondo motivo è, invece, fondato.
La tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, secondo le previsioni degli artt. 268 e 269 del r.d. 14 settembre 1931 n. 1175 (modificati dal D.P.R. 10 settembre 1982 n. 915 e dal d.l. 2 marzo 1989 n. 66, convertito in legge 24 aprile 1989 n. 144), e poi degli artt. 58 e segg. del d.lgs. 15 novembre 1993 n. 507, collega la debenza del tributo non all’immobile, ma all’attività produttiva di rifiuti esercitata dall’occupante o detentore dell’immobile medesimo;
è, quindi, dovuta in dipendenza della concreta utilizzazione del fabbricato e non può rientrare fra le spese di gestione di esso. La legge 11 gennaio 1996 n. 23, sull’edilizia scolastica, devolve ai Comuni, con l’art. 3, in attuazione dell’ordinamento delle autonomie locali di cui alla legge 8 giugno 1990 n. 142, la realizzazione, fornitura, manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici da destinare a scuole materne, elementari e medie inferiori e fa carico ai comuni medesimi “anche delle spese varie d’ufficio e per l’arredamento e di quelle per le utenze telefoniche ed elettriche, per la provvista dell’acqua e del gas, per il riscaldamento ed i relativi impianti”.
Detta norma, con tale dettagliata elencazione, inequivocabilmente amplia le incombenze dei Comuni rispetto alla pregressa normativa, ed, inoltre, nella parte in cui fa su di loro gravare oneri attinenti all’effettivo uso degli edifici scolastici, quali quelli relativi alle predette utenze e forniture, introduce specifiche deroghe al principio della ripartizione, fra i Comuni medesimi e lo Stato, delle spese rispettivamente riguardanti la gestione degli edifici e la gestione delle attività d’istruzione.
Il carattere eccezionale di tali deroghe osta ad un’esegesi estensiva o ad un’applicazione analogica della norma stessa, quando demanda ai Comuni le “spese varie d’ufficio”, e quindi esige d’interpretare la relativa espressione in linea con il significato letterale, vale a dire riferita alle spese generali (similari a quelle di arredamento) che occorrano per rendere effettiva la destinazione di determinati locali a sede di scuole, senza alcuna possibilità di comprendere oneri derivanti dal concreto espletamento dell’attività scolastica, quali quelli inerenti alla rimozione dei rifiuti.

Dalla dettagliata elencazione contenuta nell’art. 3 legge n. 23 del 1996, si evince, quindi, che l’Amministrazione della pubblica istruzione non può sottrarsi al pagamento della tassa per lo smaltimento dei rifiuti urbani ne’ può riversarla su altri enti. Conclusivamente la Corte rigetta il primo motivo, accoglie il secondo e, decidendo nel merito ex art 384 c.p.c., rigetta il ricorso introduttivo del Ministero P.I.. Compensa le spese dell’intero giudizio, trattandosi di questione sostanzialmente nuova, poiché è reperibile un unico precedente in relazione alla recente normativa (cass. civ. sent. n. 4944 del 2000).

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo, accoglie il secondo e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del Ministero P.I.. Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, il 5 maggio 2004.

Depositato in Cancelleria il 1 settembre 2004