Non è “insegnante” il personale comunale assegnato ai disabili nelle scuole statali

 Sentenza Corte di Cassazione 12 giugno 2018, n. 15301 

[In sintesi: la Corte di Cassazione afferma che “Le disposizioni contrattuali sul personale docente delle scuole non sono automaticamente applicabili anche al personale educativo, perché si tratta di personale che svolge funzioni diverse da quelle dei docenti, come proprio la disciplina a favore delle persone con disabilità pone in evidenza.” rilevando che “La distinzione tra le due figure si rinviene, in particolare, nella legge n. 104 del 1992, laddove l’art. 13, nel prevedere misure che rendano effettivo il diritto allo studio delle persone disabili, al comma 3, stabilisce in relazione alle scuole di ogni ordine e grado, l’obbligo per gli enti locali di fornire l’assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale degli alunni con handicap fisici o sensoriali, oltre a prevedere una distinta attività di sostegno mediante l’assegnazione di docenti specializzati”. La Corte rigetta quindi il ricorso degli educatori comunali che, essendo stati assegnati per l’assistenza agli alunni disabili nella scuola statale, rivendicavano il trattamento economico degli insegnanti.]

Repubblica Italiana
In nome del popolo italiano
La Corte Suprema di Cassazione
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIUSEPPE NAPOLETANO – Presidente – Ud. 06/03/2018
Dott. AMELIA TORRICE – Consigliere – PU
Dott. DANIELA BLASUTTO – Consigliere –
Dott. ANNALISA DI PAOLANTONIO – Consigliere –
Dott. IRENE TRICOMI – Rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso 19617-2013 proposto da:
(omissis) (omissis) (omissis) elettivamente domiciliate in (omissis)
(omissis) presso lo studio dell’avvocato (omissis) rappresentate e difese dall’avvocato (omissis) giusta procura in atti;
– ricorrenti –
contro
COMUNE DI CREVALCORE, in persona del Sindaco e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (omissis) , presso lo studio dell’avvocato (omissis) , rappresentato e difeso dall’avvocato (omissis) , giusta procura in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 643/2011 della CORTE D’APPELLO
di BOLOGNA, depositata il 22/08/2012 r.g. n. 1113/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/03/2018 dal Consigliere Dott. IRENE TRICOMI;
udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato
verbale Avvocato
(omissis)
(omiss s)
per delega
udito l’Avvocato (omissis) per delega verbale
Avvocato
(omissis)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte d” Appello di Bologna, con la sentenza n. 643 del 2011, accoglieva l’appello proposto dal Comune di Crevalcore nei confronti di (omissis) e (omissis) (omissis)
avverso la sentenza emessa tra le parti dal Tribunale di Bologna;
rigettava l’appello incidentale proposto nei confronti del Comune dalle lavoratrici.

2. Queste ultime assumevano di essere dipendenti del Comune con inquadramento quale istruttore educativo presso l’asilo nido, nella 6 q. f. cat. C, posizione economica C2 del CCNL personale non dirigente Comparto Regione e autonomie locali.
Dal 1999 (omissis) e dal settembre 1999 (omissis) erano state adibite per disposizione del Comune di Crevalcore ad attività di sostegno di bambini con difficoltà portatori di handicap mentali e fisici all’interno di scuole statali site nel comprensorio del Comune.
Tale situazione, temporanea, si era protratta fino all’estate 2002.
Durante tale periodo avevano avuto inquadramento, calendario, orario di lavoro (18 ore omissis; 36 ore omissis) identici a quelli avuti in precedenza in applicazione dell’art. 31 del CCNL.
Le lavoratrici contestavano la legittimità di tale trattamento e invocavano l’applicazione della normativa in tema di mansioni superiori e l’applicazione dell’art. 32-bis del suddetto CCNL, con la condanna del Comune al pagamento delle somme indicate o di quelle ritenute dal Giudice.

3. Il Tribunale accoglieva la domanda relativa all’art. 32- bis CCNL, ritenendo che sussistesse una assimilazione tra docenti ed educatori in ragione dell’art. 33 del CCNL ma respingeva la domanda relativa alle mansioni superiori, atteso che non si era verificato demansionamento e non vi era stato il consolidarsi del diritto ad una qualifica superiore.

4. Nel riformare m parte la sentenza di primo grado. in accoglimento dell’appello del Comune. la Corte d’Appello premetteva che la legge n. 517 del 1977 indica con chiarezza i compiti del docente, vale a dire: valutazione degli esami degli alunni, elaborazione del piano di attività didattiche; compilazione ed aggiornamento di una scheda personale per ogni alunno contenente le notizie sul medesimo e sulla partecipazione alla vita della scuola nonché le osservazioni sul suo processo di
apprendimento, con al specificazione che tale scheda deve essere illustrata periodicamente ai genitori c deve costituire la base per la formulazione del giudizio finale di idoneità al passaggio dell’alunno alla classe successiva.
Ricordava, altresì, che l’art. 7 della medesima legge prevede forme di integrazione e di sostegno a favore degli alunni portatori di handicap da realizzare mediante la utilizzazione dei docenti, di ruolo o incaricati a tempo indeterminato, in servizio nella scuola media e in possesso di particolari titoli di specializzazione. Prevede, inoltre, che nelle classi che accolgono alunni portatori di handicap devono essere assicurati la necessaria integrazione specialistica, il servizio socio-psico­ pedagogico e forme particolari di sostegno secondo le rispettive competenze dello Stato e degli enti locali preposti, nei limiti delle relative disponibilità di bilancio c sulla base del programma predisposto dal consiglio scolastico distrettuale.
L’art. 2 delle suddetta legge stabilisce, inoltre, che nell’ambito di tali attività la scuola attua forme di integrazione a favore degli alunni portatori di handicap con la prestazione di insegnanti specializzati assegnati ai sensi dell’articolo 9 del d.P.R. 31 ottobre 1975, n. 970.
Tale ultima disposizione sancisce che il personale docente “può essere assegnato a scuole normali per interventi individualizzati di natura integrativa in favore della generalità degli alunni, ed in particolare di quelli che presentino specifiche difficoltà di apprendimento”.
Tanto premesso, la Corte d’Appello ha affermato che l’attività svolta dalle ricorrenti non aveva alcuna attinenza o coincidenza neppure parziale con le mansioni previste per la figura professionale del docente, ivi compreso il docente assegnato ad interventi individualizzati di natura integrativa a favore di alunni che presentino specifiche difficoltà di apprendimento.
A tale proposito, la Corte d’Appello riteneva non necessario dare ingresso alle prove orali richieste dalla difesa delle parti perché l’esame dei capitoli di prova evidenziava proprio la suddetta non attinenza. Le circostanze di fatto dedotte nei capitoli non afferivano, infatti, a nessuno dei compiti propri del docente.
Il tenore letterale dell’art. 32- bis del CCNL Enti locali era univoco nel fare riferimento ai docenti addetti al sostegno operanti nelle scuole statali. Né era applicabile alla fattispecie l’art. 33 del CCNL, in quanto la prevista equiparazione di orario riguarda le istituzioni scolastiche gestite dagli enti locali e non le scuole statali.
Infine, la Corte d’Appello ha ricordato il contenuto dell’art. 7 del CCNL Enti locali, biennio economico l o gennaio 2000-31 dicembre 2001, e ha affermato che tale norma non può sostenere la fondatezza della domanda delle lavoratrici atteso che l’attività prestata dalle stesse nelle scuole statali non integrava attività scolastica integrativa o attività scolastica doposcuola.

5. Per la cassazione della sentenza di appello ricorrono le lavoratrici prospettando tre motivi di ricorso.

6. Resiste il Comune di Cavalcore con controricorso.

7. Le ricorrenti hanno depositato memoria con la quale deducono la non rituale notifica del controricorso, in quanto effettuata dal domiciliatario del controricorrente.

RAGIONI DELLA DECISIONE

l. Si deve preliminarmente rilevare, come eccepito dalle ricorrenti, come la notifica del controricorso è stata effettuata ai sensi della legge 21 gennaio 1994, n. 53, dall’avvocato (omissis) , il quale non è il difensore del Comune controricorrente, ma il domiciliatario dell’avv. (omissis), difensore del contro ricorrente, munito di procura speciale.
Ritiene, tuttavia, questa Corte che tale circostanza, come già affermato da Cass. n. 19294 del 2016. non renda invalida la notificazione. (omissis)

2. Con il primo motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 31, 32, 32-bis e 33 del CCNL Regioni e Enti locali 14 settembre 2000, nonché dell’art. 7 CCNL, biennio economico in relazione agli artt. 1362, 1363 cod. civ. (art. 360, n. 3, cod. proc. civ., art. 63, c. 5, d.lgs n. 165 del 2001).
Le ricorrenti censurano l’interpretazione delle suddette disposizioni contrattuali effettuata dalla Corte d’Appello e ricordano come I’ARAN abbia affermato che l’art. 32-bis si applica al personale che è utilizzato in attività di sostegno a soggetti portatori di handicap, e quindi anche al personale educativo.
La volontà delle parti contrattuali era quelle di equiparare tutto il personale (docente o educatore) utilizzato in attività di sostegno presso le varie istituzioni scolastiche (statali o comunali) per quanto riguardava la disciplina dell’ orario e delle modalità di servizio, conformando detto regime a quello osservato dal personale già operante in tali istituzioni. e ciò anche allo scopo di non detem1inare disparità di trattamento (giuridico ed economico) tra tale personale.
Inoltre, erroneamente la Corte d’Appello aveva escluso l’applicabilità dell’art. 7 del CCNL biennio economico 2000-2001 affermando che l’attività svolta quali educatrici di sostegno non poteva essere definita attività scolastica integrativa o attività scolastica di doposcuola.
Pertanto il personale degli enti locali, sia docente sia educativo, utilizzato in attività di sostegno presso istituzioni scolastiche statali o gestite dagli enti locali, ha diritto a vedersi assegnato il calendario e l’orario di lavoro osservato dal restante personale già applicato alle predette istituzioni scolastiche.

3. Con il secondo motivo è dedotta illegittimità per errore in procedendo (360, n. 4), con riguardo all’onere di motivazione ex art. 132 cod. proc. civ. Violazione e falsa applicazione art. 111 Cost.
Assumono le ricorrenti che la motivazione della sentenza è contraddittoria e comunque insufficiente nella parte in cui esclude l’applicabilità dell’art. 7 CCNL, atteso che le ricorrenti svolgevano attività di sostegno.
Il difetto di motivazione è conseguito alla mancanza di istruttoria.

4. I suddetti motivi devono essere trattati congiuntamente in ragione della loro connessione.

5. Gli stessi non sono fondati.
5.1. Va ricordato che l’art. 31 del CCNL enti locali 14 settembre 2000 regola il “Personale educativo degli asili nido”, e stabilisce al comma l, primo periodo, che “La prestazione di lavoro del personale educativo degli asili nido destinata al rapporto diretto educatore – bambini è fissata in trenta ore settimanali”. Il comma 2 prevede poi un monte orario per le attività integrative (le attività di programmazione, di documentazione, di valutazione, di formazione ed aggiornamento, di collaborazione con gli organi collegiali e con le famiglie).
L’art. 32 -bis del medesimo CCNL comma l, la cui rubrica reca “Docenti addetti al sostegno operanti nelle scuole statali”, prevede che “Il calendario del personale docente comunale, utilizzato in attività di sostegno a soggetti portatori di handicap, è lo stesso di quello osservato dagli altri docenti operanti nella stessa istituzione scolastica dipendenti dal Ministero della pubblica istruzione”. Al successivo comma 2 stabilisce “L’orario dì lavoro dì rapporto diretto con gli studenti ed alunni portatori dì handicap non deve essere superare le 24 ore settimanali: il monte ore delle attività integrative non deve essere superiore alle 20 ore mensili”.
Ai sensi dell’art. 33 (Personale docente delle scuole gestite dagli enti locali) del medesimo CCNL: “L’orario dì lavoro di rapporto diretto con gli studenti ed alunni del personale docente ed educativo utilizzato in attività di sostegno a soggetti portatori di handicap è identico a quello osservato, nell’istituzione scolastica o educativa presso la quale prestano servizio, dal restante personale educativo e docente”.
Infine, l’art. 7 del CCNL biennio economico 2000-2001 stabilisce “La disciplina degli articoli 32 bis e 33 del CCNL del 14.9.2000 si applica anche nei confronti del personale dipendente dagli enti locali addetto. presso scuole statali o comunali, ad attività scolastiche integrative o di doposcuola”.
5.2. Occorre premettere in tema di interpretazione del contratto, operazione a cui questa Corte è chiamata con riguardo alle disposizioni convenzionali invocate, ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti, il primo e principale strumento è rappresentato dal senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate nel contratto.
Il rilievo da assegnare alla formulazione letterale va peraltro verificato alla luce dell’intero contesto contrattuale e le singole clausole debbono essere considerate in correlazione tra loro, procedendosi al relativo coordinamento ai sensi dell’art. 1363 c.c.
Peraltro, pur assumendo l’elemento letterale funzione fondamentale nella ricerca della reale o effettiva volontà delle parti, il giudice deve in proposito fare applicazione anche agli ulteriori criteri di interpretazione e in particolare a quelli dell’interpretazione funzionale ex art. 1369 c.c. e dell’interpretazione secondo buona fede o correttezza ex art. 1366 c.c. (Cass.. n. 7927 dcl2017).
5.3. Nel fare applicazione dei suddetti criteri ermeneutici, si rileva che la lettera della disposizione dell’art. 32-bis pone in luce come la stessa ha come destinatari i docenti, categoria che ha precipui compiti che si differenziano da quelli dell’educatore, Tale interpretazione trova riscontro nel vaglio delle ulteriore norme contenute nel Titolo V del CCNL dedicato al personale delle scuole, laddove il personale docente delle scuole materne (art. 30) ha diversa disciplina rispetto al personale educativo degli asili nido (art. 31 ).
Lo stesso art. 33 del CCNL, pure richiamato dalle ricorrenti non opera, per quanto previsto, una equiparazione tra personale docente c personale educativo, ma equipara il personale docente e quello educativo comunale al personale docente ed educativo statale, qualora in servizio presso la stessa istituzione scolastica gestita dall’ente locale.
5.4. Le disposizioni contrattuali sul personale docente delle scuole non sono automaticamente applicabili anche al personale educativo, perché si tratta di personale che svolge funzioni diverse da quelle dei docenti, come proprio la disciplina a favore delle persone con disabilità pone in evidenza.
5.5. La distinzione tra le due figure si rinviene, in particolare, nella legge n. l04 del 1992, laddove l’art. 13, nel prevedere misure che rendano effettivo il diritto allo studio delle persone disabili, al comma 3. stabilisce in relazione alle scuole di ogni ordine e grado, l’obbligo per gli enti locali di fornire l’assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale degli alunni con handicap fisici o sensoriali, oltre a prevedere una distinta attività di sostegno mediante l’assegnazione di docenti specializzati.
l Comuni hanno specifica competenza, atteso che ai sensi dell’art. 139 del d.lgs. 112 del 1998 sono rimesse agli stessi per le scuole primaria e secondaria inferiore i servizi di supporto organizzativo dei servizio di istruzione per gli alunni con handicap o in situazione di svantaggio.
La distinzione tra docente ed educatore trova conferma nella stessa prospettazione delle ricorrenti laddove a pag. 3 del ricorso, nell’esporre i fatti di causa affermano che in generale nel nuovo incarico (attività di sostegno in favore di bambini con difficoltà e portatori di handicap all’interno di scuole statali) “coadiuvavano le insegnanti statali, anche di sostegno, con funzioni di aiuto/guida e socio/educative, partecipavano a corsi formativi, ai consigli di classe, ai colloqui con i genitori ed anche agli scrutini, effettuando altresì frequenti incontri con i referenti del Servizio di neuropsichiatria dell’età evolutiva dell’USL di (omissis) “.
L’attività educativa prestata da personale comunale (nella specie istruttore educativo) presso le scuole statali per il sostegno agli alunni con handicap si affianca alla attività di docenza per una piena integrazione scolastica della persona disabile, garantendo una piena integrazione per il diritto all’istruzione, e non costituisce attività ulteriore, sia scolastica integrativa che di doposcuola.
Tali attività presso la scuola statale potranno ben esserci, ma costituiscono un quid pluris rispetto alla prestazione scolastica ordinaria, come articolata per gli alunni con disabilità, che qui viene in rilievo.
Né a tale ambito potrebbero ricondursi le attività svolte durante la chiusura scolastica dalle lavoratrice nell’ambito delle attività di assistenza sociale o scolastica proprie del Comune (campo solare del Comune, assistenza a bambini bielorussi ospitati dalle famiglie del Comune), su cui vertono alcuni capi di prova. di cui la Corte d’Appello motivatamente riteneva la mancanza di rilievo.
Né può portare ad una diversa interpretazione la nota dell’ ARAN richiamata, atteso peraltro che come affermato dalla stessa ARAN (RAL725 Orientamenti Applicativi), le risposte a quesiti formulati dalle amministrazioni nell’attività di assistenza delle pubbliche amministrazioni per la uniforme applicazione dei contratti collettivi, espressamente prevista dall’art. 46, comma l, del d.lgs. n. 165 del 2001, non hanno carattere vincolante e non rivestono neanche la caratteristica della
“interpretazione autentica” per la quale, invece, è prescritto uno specifico procedimento negoziale.

6. Con il terzo motivo è dedotta illegittimità per errore in procedendo (360, n. 4), in relazione agli artt. III Cost., 115 cod. proc. civ. Omesso esame circa un l’atto decisivo per il giudizio, con particolare riferimento alla mancata assunzione di prove testimoniali (360, n. 5, cod. proc. civ.).
6.1. Il motivo è inammissibile per difetto di rilevanza, atteso che la Corte d’Appello ha rigettato la domanda istruttoria in quanto l’esame di singoli capitoli di prova confermava che le circostanze di fatto ivi dedotte non afferivano sostanzialmente a nessuno dei compiti del docente come illustrati dalla Corte d’Appello stessa e sopra richiamato, e le ricorrenti si sono limitano a riprodurre i capitoli di prova senza tuttavia specificare la critica alla sentenza di secondo grado evidenziando la rilevanza dei fatti oggetto della prova richiesta in relazione alla disciplina delle mansioni dell’istruttore educatore e del docente.

7. La Corte rigetta il ricorso.

8. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

9. Ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma l-bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna le ricorrenti al pagamento delle spese di giudizio che liquida in euro 2.500,00, per compensi professionali, oltre euro 200,00 per esborsi, spese generali in misura del 15% c accessori di legge.
Ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma l quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso. a norma del cit. art. 13, comma l-bis.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale del 6 marzo 2018.
Il Consigliere estensore Irene Tricomi
Il Presidente Giuseppe Napoletano
Depositata in Cancelleria il 12 giugno 2018