Linee guida per l’educazione alimentare 2011

Nota Miur 14 ottobre 2011, n. 7835  

Linee guida per l’educazione alimentare nella scuola italiana

INTRODUZIONE
Sono diverse e numerose le evidenze che sostengono l’importanza di intervenire con urgenza per migliorare il quadro di salute delle giovani generazioni. Così come sono molte le sollecitazioni che inducono a considerare prioritario l’impegno della Scuola di ogni ordine e grado nell’agire sul piano dell’Educazione Alimentare, nel rispetto della propria specifica competenza educativa e in collaborazione con le altre Istituzioni, nell’ottica di una reciproca valorizzazione delle relative peculiarità.
Queste Linee Guida si propongono di fornire alcuni orientamenti innovativi in materia di Educazione Alimentare, con precisa attenzione agli aspetti metodologici, per l’elaborazione dei curricula da parte degli Istituti scolastici e per l’organizzazione delle attività educative e didattiche, al fine di facilitarne un’adozione graduale, progressiva e operativa, il più possibile coerente con i più recenti processi di riordino, da quelli dell’istruzione di base all’istruzione secondaria di secondo grado, e con uno sguardo attento alle indicazioni dell’Unione Europea in tema di sviluppo delle competenze chiave.
Nel contempo, le Linee Guida valorizzano quanto autonomamente è stato realizzato e capitalizzato nelle Scuole in materia di Educazione Alimentare.

Il contesto sanitario nel quale si colloca l’Educazione Alimentare in Italia

Le rilevazioni effettuate in questi anni indicano come crescano nella popolazione giovanile i problemi legati a cattive abitudini alimentari e alla pratica di stili di vita poco sani: dal 1990 a oggi si è verificato un allarmante aumento del numero di giovani in sovrappeso o con problemi di obesità, e la cifra sembra destinata ad aumentare anche negli anni a venire, a meno di forti ed efficaci interventi educativi.
La diffusione di sovrappeso e obesità tra i più giovani è particolarmente preoccupante se si pensa alle future implicazioni socio sanitarie legate al prevedibile incremento delle malattie cronico-degenerative connesse a questi stati.
Per comprendere la dimensione di questo preoccupante fenomeno in Italia, nel 2007 il Ministero della Salute/CCM ha promosso e finanziato il progetto “Sistema di indagini sui rischi comportamentali in età 6-17 anni”, coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità in collaborazione con le Regioni, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, 1’ INRAN e le Università di Torino, Siena e Padova. Nell’ambito del progetto è stato sviluppato il sistema di sorveglianza sullo stato ponderale e i comportamenti a rischio nei bambini delle Scuole primarie “OKkio alla Salute”, collegato al programma europeo “Guadagnare Salute” e ai Piani di Prevenzione nazionali e regionali. Secondo i dati più recenti (ottobre 2010) del sistema di sorveglianza “OKkio alla Salute”, “il 22,9% dei bambini misurati è risultato in sovrappeso e l’11,1% in condizioni di obesità”. I dati presentano una spiccata variabilità interregionale, con percentuali tendenzialmente più basse nell’Italia settentrionale e più alte nel Sud (dal 15% di sovrappeso e obesità nella Provincia Autonoma di Bolzano al 48% in Campania).
In tale contesto è fondamentale sottolineare come l’attività fisica, nel complesso composta tanto dall’attività motoria quanto da quella sportiva, sia essenziale per il mantenimento di un buono stato di salute. Aiutando l’organismo a consumare l’energia introdotta con gli alimenti e, quindi, a tenere sotto controllo il peso corporeo, favorisce il sano sviluppo e il buon funzionamento dell’apparato locomotore, cardiovascolare e respiratorio.
Tuttavia, poiché lo stile di vita delle società tecnologicamente avanzate è caratterizzato da un progressivo aumento della sedentarietà, lo sforzo fisico e il movimento sono sempre più contenuti. Di conseguenza, la spesa energetica giornaliera del nostro organismo continua a ridursi avvicinandosi sempre più al solo metabolismo basale, mentre i consumi alimentari restano quasi invariati o mentano. Il risultato di questa tendenza è particolarmente rischioso per la salute.
Non è superfluo evidenziare come l’attività sportiva, che in una giornata normale rimane necessariamente limitata nel tempo, non possa sostituire l’attività motoria: entrambe vanno esercitate con regolarità per il nostro benessere. I bambini, in particolare, dovrebbero recuperare la dimensione formativa e creativa del gioco libero all’aria aperta e in ambiente salubre, con i coetanei e con i famigliari, in aggiunta all’eventuale pratica di attività sportive. Sensibilizzare sia i giovani, sia le famiglie, anche a questi aspetti rimane tra i fondamentali compiti della Scuola.
Oltre al sovrappeso e all’obesità infantili, sono da considerare con preoccupazione quelle forme di disturbi del comportamento alimentare che si manifestano soprattutto in età adolescenziale, come la bulimia e l’anoressia, causate da disagi psicologici che producono un rapporto patologico col cibo. Senza dimenticare poi le questioni centrali dell’igiene e della sicurezza nella produzione, conservazione, trasformazione e preparazione domestica dei cibi.
Per rispondere a tale urgenza sanitaria, in questi ultimi anni sono stati messi in atto significativi interventi istituzionali, che hanno visto nella Scuola il luogo di elezione per svolgere un’indispensabile azione preventiva di Educazione Alimentare rivolta alle giovani generazioni. Un fermento positivo che ha stimolato anche la nascita di molteplici iniziative legate all’Educazione Alimentare a livello locale, che spesso meriterebbero di essere indirizzate, valorizzate, diffuse e rese continue.

Il contesto socio-economico e culturale

Negli ultimi anni, a fronte di un peggioramento delle condizioni di salute e nutrizione dei giovani, il modello alimentare italiano ha subito una trasformazione che ha visto un lento evolversi da un consumo di tipo soprattutto “quantitativo”, tipico degli anni 70 e ’80, verso un consumo più consapevole che si orienta maggiormente verso una scelta “qualitativa”, espressione di una maggiore sensibilità, selettività e diversificazione nei comportamenti individuali.
Questa evoluzione, in prevalenza ancora a livello embrionale, è attribuibile principalmente alla crescente attenzione verso valori riscontrabili nell’ambito dei sistemi produttivo e di consumo che privilegiano cibi sani, eticamente connotati, ricchi di tradizione culturale e fortemente legati al territorio e al suo rispetto. Espressioni come certificazione di qualità, tracciabilità di filiera, sicurezza e tipicità alimentare, sostenibilità ambientale, trovano sempre più spazio nella sfera socio- culturale del moderno e attento consumatore italiano.
Tuttavia, nonostante questi segnali positivi, le nuove generazioni devono confrontarsi ogni giorno con fattori di trasformazione sociale che condizionano fortemente e negativamente i comportamenti alimentari e le scelte fatte a tavola. Tra questi fenomeni ricordiamo per esempio:
– la destrutturazione della preparazione dei pasti, che si manifesta nella ricerca e nel consumo di alimenti ready to cook e ready to eat. In quest’ottica, la scelta alimentare privilegia quei prodotti che dispongono di un buon contenuto di servizio e sono adatti a essere consumati istantaneamente rispetto ad alimenti freschi che necessitano di una preparazione come verdura, carne o pesce;
– la destrutturazione della giornata alimentare, che si manifesta frantumando il ritmo tradizionale, colazione, spuntino, pranzo, merenda, cena, e moltiplicando le occasioni di consumo istantaneo e sregolato di alimenti reperibili in ogni ora del giorno, in ogni stagione e in ogni situazione, ma spesso di inadeguata qualità nutrizionale e a forte impatto ambientale;
– la diffusione dei pasti fuori casa, con la ristorazione sociale e commerciale, che delega alle aziende di gestione pubbliche e private il compito di scegliere qualità, abbinamenti e porzionature dei cibi di tutti i giorni, accentuando nei fruitori una inevitabile passività rispetto ai modelli di consumo e agli stili alimentari.

Il patrimonio agroalimentare italiano

L’Italia, paese d’origine di quella Dieta Mediterranea riconosciuta come modello virtuoso di salute e Patrimonio dell’Umanità da parte dell’UNESCO dal 2010, possiede una “fortuna” alimentare unica nel mondo, frutto di una storia plurimillenaria che ha visto svilupparsi, nel territorio italiano, il rapporto uomo-cibo sulle direttrici del costante confronto interculturale e della tensione ad armonizzare le ricchezze territoriali con i bisogni delle popolazioni e le locali risorse umane. Ne è nato un tesoro unico di saperi sensoriali, sensibilità e competenze, saggezze antiche e radicate. Una ricchezza fondata anche sulla biodiversità del nostro territorio, che non può essere sepolta sotto una cenere d’inerzie, disattenzione e superficialità, ma che deve invece costituire la base per il recupero e la difesa di un atteggiamento sano nei confronti del cibo e dell’ambiente in cui esso si produce e si consuma.
L’indispensabile considerazione dei “gioielli” della nostra produzione agroalimentare, pazientemente censiti in questi ultimi decenni, non può però essere sufficiente a valorizzare un patrimonio alimentare tanto ricco e differenziato, che nella esclusiva considerazione dei singoli prodotti rischierebbe di perdere il merito collettivo diffuso, al quale non è estranea la modernità espressa dall’industria alimentare italiana che ha saputo cogliere e valorizzare gli stimoli positivi della tradizione agroalimentare del nostro Paese.
Oggi occorre riesaminare l’alimentazione italiana nella sua globalità, riportando in primo piano lo storico denominatore comune della pratica alimentare conviviale, semplice, misurata, economica e naturale che da sempre si sviluppa nella famiglia ed è collegata alle vocazioni del territorio, alle stagioni, alla possibilità di proteggere la propria salute e di godere consapevolmente di un benessere personale e collettivo. Tutto ciò coinvolgendo non solo i giovani ma l’intera popolazione nello sforzo di intrecciare e riannodare i “fili” che collegano i valori del paesaggio, con quelli scientifici e tecnologici delle filiere agroalimentari, dei saperi nutrizionali e delle abilità gastronomiche, con le storie alimentari delle famiglie e le tradizioni del territorio. In una parola, è necessario promuovere una vera Cultura Alimentare attraverso un approccio sistemico, attento non soltanto ai prodotti e ai soggetti, ma anche e soprattutto alle relazioni che li legano tra loro.
Attraverso questo approccio, la Scuola si configura come l’istituto sociale che prima di ogni altro può assolvere il compito di guidare il processo radicale di riappropriazione e di esplorazione emotiva e culturale del patrimonio alimentare del nostro Paese. La Scuola si rivela il luogo di elezione per fare una vera Educazione Alimentare attraverso il suo radicamento territoriale, la sua ricchezza interculturale, il dialogo e l’osservazione quotidiana con i ragazzi, con il presidio costante e interdisciplinare del percorso formativo, con la possibilità di costruire connessioni cognitive mirate.
Il fatto che l’Expo Universale, che si terrà nel 2015 a Milano, sia stata assegnata (nel marzo 2008) all’Italia sul tema “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”, ponendo al centro le questione del cibo e dell’alimentazione delle future generazioni, offre un’occasione imperdibile per dare centralità ai temi dell’Educazione Alimentare e porre le basi per infrastrutture e strutture d’eccellenza a supporto della sua diffusione.

1. IL NUOVO RUOLO DELLA SCUOLA PER L’EDUCAZIONE ALIMENTARE

Quella dell’Educazione Alimentare nel nostro Paese è una storia lunga: ripercorrerla nelle sue tappe fondamentali aiuta a comprendere l’effettivo potenziale di novità ed efficacia attivabile con l’adozione di queste Lince Guida, frutto dell’impegno del Comitato Tecnico Scientifico per l’attuazione del Programma MIUR “Scuola e Cibo” – Piani di Educazione Scolastica Alimentare, istituito con DD.MM. 01.04.2009 e 20.04.2011, al fine di favorire l’introduzione dell’Educazione Alimentare nella Scuola italiana di ogni ordine e grado.

Le principali tappe dell’ Educazione Alimentare dagli anni ’80 al 2000
Risale al 1975 la “Prima Conferenza Nazionale per l’Educazione Alimentare” organizzata a Roma dall’allora Istituto Nazionale della Nutrizione, e fu solo di qualche anno successivo, precisamente del 1981, il convegno “L’Educazione Alimentare in Europa” promosso a Bologna dalla Cooperazione dei Consumatori. In entrambe le occasioni, attraverso il confronto delle esperienze di Educazione Alimentare condotte nel nostro e in altri Paesi europei, si individuarono alcuni punti fermi che avrebbero segnato lo sviluppo dell’Educazione Alimentare in Italia negli anni successivi.
Questi i fondamentali elementi di riflessione emersi allora:
– Il bisogno di distinguere tra “momento informativo” e “momento educativo” nell’ambito della comunicazione volta a migliorare le abitudini alimentari.
– Il riconoscimento della complessità dell’atto alimentare come sintesi di valenze fisiologiche, psicologiche, sociali e culturali in senso lato.
– La necessità di affrontare l’Educazione Alimentare in modo sistemico, coinvolgendo la popolazione, e i giovani in particolare, su tutti i piani individuati come significativi per la formazione del rapporto con il cibo.
A fronte di stimoli tanto interessanti e di indicazioni già così precisamente delineate, nei dieci quindici anni successivi si assistette a un moltiplicarsi di progetti di Educazione Alimentare talvolta in grado di recepire quanto detto in modo solo parziale e spesso contraddittorio, secondo le sensibilità dei promotori.
Due, in particolare, i punti di debolezza (entrambi non ancora totalmente superati) caratteristici di molti dei progetti sviluppati in un arco di tempo così lungo:
1) l’identificazione dell’Educazione Alimentare con l’educazione nutrizionale. Sulla spinta di una crescente urgenza di tipo sanitario, legata agli effetti sempre più evidenti della cattiva alimentazione tra i più giovani, si commise spesso l’errore di confondere gli obiettivi dell’intervento educativo con i contenuti da trattare. Non di rado ci si ritrovò così a proporre concetti tecnico-nutrizionali complessi (si parlava, per esempio, di calorie, principi nutritivi e metabolismo ai bambini delle Scuole materne ed elementari) con l’idea che un approccio di tipo cognitivo tecnico-scientifico potesse condurre a una reale presa di coscienza da parte dei giovani e a un’effettiva modificazione del loro comportamento. Un’idea che, nei fatti, si è dimostrata sbagliata.
2) la parcellizzazione e la dispersione delle esperienze. L’assenza di un programma di lungo respiro condiviso a livello nazionale, impedì che in questo tempo si avviassero una raccolta, un confronto e una valutazione delle diverse esperienze poste in atto: da un lato non si valorizzarono e diffusero alcuni risultati di interesse, mentre dall’altro si reiterarono a volte degli insuccessi che si sarebbero potuti evitare.
Gli errori ripetuti nel corso degli anni contribuirono sicuramente a ingenerare, negli anni ’90, l’idea che qualcosa dovesse cambiare nel modo di approcciare l’Educazione Alimentare nella Scuola. In particolare emerse la posizione di chi, consapevole che ciò che guida l’uomo nelle sue scelte alimentari non è una golosità fisiologica ma psicologica, iniziò a spostare l’approccio all’Educazione Alimentare su un piano che fosse realmente motivante: più aderente alla realtà, agli interessi e all’esperienza quotidiana dei giovani interlocutori. Anche in questo caso, furono due i fenomeni degni di particolare attenzione:
1. il diffondersi dei progetti di educazione sensoriale, per un avvicinamento attivo, consapevole e critico all’alimentazione. Molte di queste esperienze hanno poi trovato sintesi efficaci in volumi di didattica.
2. la rivalutazione delle attività di cucina all’interno del percorso scolastico, per riappropriarsi di un rapporto più diretto col cibo attraverso il fare concreto.
I risultati di questo cambiamento strategico furono incoraggianti: si imboccò infatti una strada capace di vedere i giovani realmente motivati e disponibili a quella riflessione sul proprio comportamento personale che è il primo passo per diventare protagonisti attivi delle proprie scelte e modificare le proprie abitudini.
In anni più vicini, nel 2001, a distanza di oltre venti anni dalla prima, la “Seconda Conferenza Nazionale per l’Educazione Alimentare” di Roma ebbe il merito di costituire un utile punto di sintesi. Soprattutto permise di evidenziare come le attività di educazione nutrizionale, sensoriale e di cucina, costituenti l’asse portante dell’Educazione Alimentare nella Scuola, avessero contribuito a promuovere un’idea di qualità del cibo che si poteva riassumere nella considerazione di quattro parametri essenziali:
1. sicurezza (il cibo non deve nuocere alla salute di chi lo consuma);
2. caratteristiche sensoriali (il cibo deve soddisfare precisi requisiti di aspetto, forma, colore, odore, sapore, consistenza, ecc.);
3. valore nutritivo (il cibo deve contenere sostanze utili all’organismo);
4. gratificazione (il cibo deve soddisfare le necessità di gratificazione psicologica e sociale del consumatore).

Una moderna idea di qualità del cibo, dal 2001 a oggi

Nel contesto odierno è necessario estendere il concetto di qualità del cibo, superando quei limiti che hanno impedito una vera crescita culturale e di promuovere un reale miglioramento della salute alimentare diffusa. Quella descritta è, infatti, una concezione che si limita a valutare la qualità del cibo riferendola al solo rapporto diretto con il singolo consumatore: il cibo deve essere sicuro per chi lo mangia, deve piacere a chi lo mangia, deve nutrire chi lo mangia, deve gratificare chi lo mangia, e così via.
In realtà, ogni attività di produzione alimentare implica un intervento dell’uomo sull’ambiente e sull’organizzazione sociale, e gli effetti di questi interventi, quanto i loro costi, devono essere ricompresi nell’idea di qualità reale del prodotto. Ed ecco allora che entra in gioco oggi, come parametro qualitativo imprescindibile, l’idea di sostenibilità, direttamente legata all’impatto che le produzioni agroalimentari hanno sull’ambiente e sull’organizzazione sociale, considerando anche gli aspetti etici della produzione e del consumo.
Soddisfatto nel nostro Paese il problema della disponibilità di cibo (che purtroppo riguarda ancora oggi una grandissima parte della popolazione mondiale), in una società come la nostra, prevale ancora un’idea di qualità “tecnica” del cibo che però non corrisponde alla qualità globale del sistema alimentazione. Ed è proprio questo il salto da operare sul piano culturale attraverso adeguate iniziative di Educazione Alimentare: sensibilizzare le giovani generazioni su un’idea di qualità più complessiva, che coinvolge, oltre al benessere del singolo, quello della società in cui vive e quello dell’ambiente da cui ottiene le risorse.
Alla luce di queste considerazioni, volendo tracciare i contorni dell’immagine del cibo di qualità che deve informare ogni attività di Educazione Alimentare, possiamo così identificarli:
– sicurezza;
– caratteristiche sensoriali;
– valore nutritivo;
– rispetto dell’ambiente e delle risorse nella produzione, distribuzione e consumo;
– rispetto di fondamentali principi etici (equità sociale, benessere animale, ecc.) nella produzione e distribuzione;
– gratificazione nell’acquisto e nel consumo.
In sostanza, il considerare i valori della sostenibilità diventa una chiave fondamentale per garantire la significatività e l’efficacia dell’Educazione Alimentare.

La Scuola come volano per il cambiamento

Fino a non troppi anni fa l’Educazione Alimentare si faceva in famiglia, dove gli adulti trasferivano ai giovani i molteplici valori del cibo consumato tutti i giorni. In questi ultimi decenni la famiglia ha vissuto passaggi e cambiamenti così veloci e profondi da non consentire più un’azione di guida nelle scelte e nei comportamenti di consumo dei ragazzi. Per contro, in questi stessi anni la Scuola ha visto allargare la propria responsabilità educativa a nuovi ambiti trasversali, tra i quali quello dell’Educazione Alimentare. In particolare, il Regolamento sull’autonomia scolastica (D.P.R. n. 275 08.03.1999) ha contribuito a collocare diversamente la Scuola in rapporto alla complessità sociale e territoriale in cui opera. Con la scelta dell’autonomia scolastica, la Scuola ha acquisito più strumenti per relazionarsi con il territorio e con le realtà sociali e produttive. Promotrice di cultura e di relazioni, la Scuola può fornire alle famiglie e alla collettività gli strumenti necessari per comunicare e avviare un processo di reale cambiamento dei comportamenti alimentari. In questo quadro, la parola partecipazione acquisisce un rilievo particolare, infatti, se è vero che la Scuola è chiamata a una specifica assunzione di responsabilità con l’introduzione dell’Educazione Alimentare nel curriculum, è altrettanto vero che l’ Educazione Alimentare va vista come una chiave universale in grado di stimolare la crescita di ogni attore sociale. Per questo motivo è fondamentale attivare ampie sinergie capaci di coinvolgere tutti i soggetti della vita sociale e univocamente finalizzate alla promozione del benessere, come indispensabile elemento di crescita comune.
Le Istituzioni socio sanitarie, gli Enti locali, l’industria alimentare, il mondo agricolo, della distribuzione, della vendita e della comunicazione, e soprattutto le famiglie, i cittadini in quanto tali e in quanto consumatori, possono e devono strutturare relazioni con la Scuola, orientate a un’idea condivisa di promozione del benessere personale, sociale e ambientale, da realizzarsi in particolare attraverso l’Educazione Alimentare sviluppata dalla Scuola stessa.

L’importanza del rapporto con le famiglie

Le famiglie sono chiamate in questo quadro a una partecipazione collaborativa sui temi dell’Educazione Alimentare. L’influenza che la famiglia esercita sul comportamento alimentare di bambini e ragazzi è determinante e l’eventuale mancanza di interazione tra Scuola e famiglia può sottoporre i giovani a stimoli a volte contrastanti, generando in loro confusione e incertezza. Peraltro, la famiglia stessa, se esclusa dal percorso educativo scolastico, può assumere atteggiamenti negativi o contraddittori che, partendo da una sorta di scetticismo, possono diventare di insofferenza, per sfociare addirittura in competitività. Al contrario, la collaborazione attiva e partecipe delle famiglie all’attività di Educazione Alimentare scolastica costituisce un elemento trainante per il suo successo.

Il territorio e i suoi operatori

Con l’autonomia scolastica si sono poste le basi per un diverso modo di relazionarsi dell’Istituto scolastico con il territorio e con le realtà professionali che vi operano. Il mondo del lavoro è diventato un interlocutore importante per la Scuola, fin dall’inizio del percorso educativo. Per questa ragione, per realizzare attività efficaci di Educazione Alimentare, è di grande importanza cercare di stabilire relazioni e sinergie tra il mondo scolastico e i soggetti di riferimento (stakeholder) operanti nel territorio, quali la ristorazione (specialmente quella scolastica), gli Enti locali, le aziende produttrici, le associazioni di categoria, il mondo della distribuzione – compreso il vending – e i circuiti della comunicazione. Peraltro, il mondo del lavoro diventa un interlocutore molto interessante per i giovani, che in questa relazione possono trovare anche nuove opportunità per armonizzare il percorso di studio al proprio progetto di vita.

Le Istituzioni socio sanitarie

È evidente che ogni azione educativa orientata alla promozione della salute si debba fondare sulle conoscenze scientifiche più attuali e documentate, per poter innestare su questa base conoscitiva le opportune metodologie didattiche. In questo senso il rapporto tra la Scuola e le Istituzioni socio sanitarie, centrali e territoriali, si configura come un’indispensabile interazione mirata a integrare le specifiche competenze. Spetta alle Istituzioni socio sanitarie ogni valutazione e successiva indicazione delle priorità relative alla salute, così come alla Scuola è riservato il compito di individuare e applicare le metodologie e gli strumenti didattici più adeguati per garantire la massima efficacia dell’azione educativa.

2. RIFERIMENTI NORMATIVI

In anni recenti, il Ministero della Salute ha collaborato alla costruzione di una strategia europea di contrasto all’obesità approvata il 15 novembre 2006 a Istanbul nel corso della Conferenza Ministeriale Intergovernativa. Inoltre, ha cooperato con la Regione Europea dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per la definizione di una strategia di contrasto delle malattie croniche, valida per l’Europa, denominata “Guadagnare Salute” e approvata a Copenaghen il 12 settembre 2006 dal Comitato Regionale per l’Europa. La scorretta alimentazione è stata individuata tra i quattro principali fattori di rischio (insieme a fumo, alcol e inattività fisica) nei quali è possibile identificare con certezza i principali determinanti delle malattie croniche più frequenti nel nostro Paese. In considerazione di ciò, il programma del Ministero della Salute “Guadagnare Salute” (Consiglio dei Ministri, 16.02.2007) dedica specifica attenzione alla necessità di intervenire per “rendere più facile una dieta più salubre”, e indica come target importante di questa attenzione i bambini. Non c’è dubbio, infatti, che una corretta alimentazione e un giusto rapporto col cibo nel periodo della crescita costituiscano il fondamento per una vita sana anche in età adulta. È evidente, ed è una necessità richiamata anche nello stesso programma “Guadagnare Salute” (cfr. Protocollo d’Intesa tra il Ministero della Salute e il Ministero dell’Istruzione del 05.01.2007 e apposito Comitato Paritetico, riconfermato ai sensi del D.M. 31.03.2009 del Ministro del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali; il MIUR partecipa, inoltre, alla Piattaforma Nazionale sull’ Alimentazione, l’ Attività Fisica e il Tabagismo che formula proposte e attua iniziative coerenti con il programma “Guadagnare Salute”), che la Scuola debba giocare un ruolo determinante per l’Educazione Alimentare dei giovani, in collegamento con le diverse agenzie che operano sul territorio.
Più recentemente il contesto europeo e internazionale ha ulteriormente delineato tale strategia evidenziando il legame inscindibile tra l’attenzione globale a tutti gli aspetti di salute, compresa l’alimentazione, e l’educazione. Nei documenti si sottolinea come la promozione della salute in contesto scolastico, definita come l’insieme delle attività intraprese per migliorare e/o salvaguardare la salute di tutti nella comunità, sia fortemente connessa con lo sviluppo, l’affermazione personale, il benessere e la democrazia.
L’International Union for Health Promotion and Education – IUHPE (cfr. “Verso una Scuola che promuove Salute: Linee Guida per la Promozione della Salute nelle Scuole”, 2/4 ver., 2009) e la Schools for Health in Europe Network – SHE (cfr. “Risoluzione di Vilnius, 2009: Migliorare le Scuole attraverso la Salute”) hanno inoltre evidenziato come l’attenzione a promuovere la salute possa divenire elemento essenziale anche per il miglioramento generale della Scuola, per sviluppare e potenziare, in un contesto di benessere complessivo e con un approccio globale, gli apprendimenti degli alunni.
Per quanto riguarda lo specifico del MIUR, riferimenti all’Educazione Alimentare si ritrovano costantemente nei testi dei più recenti interventi legislativi e di indirizzo. In tutti i casi le varie proposte mirano a promuovere negli allievi, in rapporto alla loro età, conoscenze e abilità che conducano allo sviluppo di competenze personali e di competenze specifiche disciplinari. In particolare, la proposta di queste Linee Guida tende a valorizzare quanto previsto da:
– Indicazioni nazionali per i piani di studio personalizzati (D.Lgs n. 59 19.02.2004). L’Educazione Alimentare viene introdotta nell’ambito di un’area di apprendimento denominata “Convivenza Civile”. Non si tratta di “un’altra materia” che si aggiunge a quelle tradizionali, ma un percorso formativo da svolgersi in modo inter e trans disciplinare da ogni docente sul piano etico, tecnico, didattico e metodologico. Vengono definite le conoscenze e le abilità da far conseguire agli allievi entro la classe quinta della Scuola primaria ed entro la terza classe della Scuola secondaria di primo grado.
– Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente (18.12.2006) e Regolamento recante norme in materia di adempimento dell’obbligo di istruzione (D.L. 22.08.2007). Esplicitano rispettivamente le competenze chiave per l’apprendimento permanente e quelle di cittadinanza da acquisire al termine dell’istruzione obbligatoria. Esse sono condizione necessaria per la realizzazione e lo sviluppo personali, la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale e l’occupazione, nonché strumenti indispensabili per preparare efficacemente i giovani alla vita adulta e costituiscono la base per ulteriori occasioni di apprendimento.
– Circolare Ministeriale n. 86 del 27 ottobre 2010 per l’insegnamento di “Cittadinanza e Costituzione”, già introdotto nelle Scuole di ogni ordine e grado con Legge n. 169 30.10.2008. Per la Scuola dell’infanzia, la primaria e la secondaria di primo e secondo grado vengono indicati nuclei tematici e obiettivi di apprendimento relativi a “Cittadinanza e Costituzione”, nonché situazioni di compito per la certificazione delle competenze personali, aggregate secondo i parametri: dignità umana, identità e appartenenza, alterità e relazione, partecipazione.

3. OBIETTIVI, CONTENUTI E METODOLOGIE DELL’EDUCAZIONE ALIMENTARE

Gli obiettivi dell’Educazione Alimentare nella Scuola

L’Educazione Alimentare ha come finalità ultima il generale miglioramento dello stato di benessere degli individui, attraverso la promozione di adeguate abitudini alimentari, l’eliminazione dei comportamenti alimentari non soddisfacenti, l’utilizzazione di manipolazioni più igieniche degli alimenti e un efficiente utilizzo delle risorse alimentari.
Considerando che un’alimentazione sana non deve solo rispettare le necessità qualitative e quantitative dell’organismo, ma deve armonizzarsi con la sfera psicologica e di relazione dell’individuo, la finalità dell’Educazione Alimentare si persegue con il raggiungimento di alcuni obiettivi significativi per la salute e il benessere della popolazione scolastica, già nel breve e medio periodo. In particolare: e Incentivare la consapevolezza dell’importanza del rapporto cibo-salute così da sviluppare una coscienza alimentare personale e collettiva, secondo le indicazioni dei soggetti e delle Istituzioni preposte.
– Favorire l’adozione di sani comportamenti alimentari, adottando le metodologie didattiche più opportune e considerando con particolare attenzione la conoscenza delle produzioni agroalimentari di qualità, ottenute nel rispetto dell’ambiente, della legalità e dei principi etici, legate alla tradizione – cultura del territorio.
e Promuovere la conoscenza del sistema agroalimentare mediante la comprensione delle relazioni esistenti tra sistemi produttivi e distributivi, in
rapporto alle risorse alimentari, all’ambiente e alla società.
– Promuovere la trasversalità dell’Educazione Alimentare sugli aspetti scientifici, storici, geografici, culturali, antropologici, ecologici, sociali e psicologici legati al rapporto, personale e collettivo, con il cibo.
– Promuovere un concetto di qualità complessiva del cibo che, partendo dalla sicurezza, incorpori aspetti valoriali emergenti relativi a sostenibilità, etica, stagionalità, intercultura, territorialità.

I contenuti dell’attività didattica: la necessità di un approccio sistemico

Per definire gli ambiti in cui articolare i contenuti dell’Educazione Alimentare, è necessario collocare l’atto del mangiare nella sua dimensione più propria, ossia un atto complesso che non coinvolge soltanto gli aspetti della fisiologia, ma è determinato anche da fattori di tipo psicologico, sociale e culturale in senso lato.
Tenendo presente questa considerazione fondamentale, ogni programma di Educazione Alimentare si deve comporre di contributi, spunti ed esperienze dirette, tali da consentire all’insegnante d’impostare un’esperienza integrata con i programmi e con gli obiettivi didattici delle diverse aree e materie. Sono sostanzialmente cinque le aree tematiche fondamentali sulle quali insistere, ognuna significativa di un particolare aspetto del rapporto con il cibo.

Il rapporto sensoriale con gli alimenti

Gli organi di senso sono il primo e più importante strumento a nostra disposizione per conoscere e valutare un alimento, sia sotto il profilo della sua gradevolezza, sia rispetto alle sue caratteristiche qualitative e igieniche.
Un percorso di educazione sensoriale che si sviluppi in armonia con la crescita
psicofisica dell’individuo vede fondamentalmente tre fasi:
– la presa di coscienza delle proprie potenzialità sensoriali nell’ambito dell’esplorazione e della conoscenza del SÉ;
– la capacità di descrivere le percezioni sensoriali, per valutarle (soggettivamente e oggettivamente) e classificarle, come processo fondante dell’educazione al gusto;
– la capacità di orientare e appagare il comportamento e le scelte alimentari in funzione del proprio gradimento sensoriale, nell’ottica di un protagonismo attivo.

La nutrizione e l’ambito scientifico

La considerazione dei temi legati alla composizione degli alimenti, alla fisiologia della nutrizione e, nel complesso, agli elementi di base della scienza dell’alimentazione, sono parti fondamentali del programma educativo, nell’ambito di una consapevolezza dei meccanismi che legano nutrizione e salute.

La merceologia, ovvero la conoscenza del cibo

La conoscenza degli alimenti, andando alle radici della produzione alimentare e affrontando le fasi della trasformazione, del confezionamento, dell’etichettatura, della distribuzione, della conservazione e della preparazione del cibo, consente di restituirgli dignità e di acquisire altre conoscenze indispensabili per un consumo critico e consapevole.

L’igiene e la sicurezza alimentari

L’importanza delle corrette manipolazioni degli alimenti e di una giusta conservazione rappresenta un aspetto essenziale da trattare all’interno dell’attività di Educazione Alimentare, che deve sempre tenere nella giusta considerazione le tematiche di tipo igienico, nell’ottica di responsabilizzare direttamente l’individuo nell’interazione con il cibo, in tutte le sue fasi.

L’approccio culturale al cibo

Nell’ottica di un approccio sistemico alla complessità dell’atto alimentare e dell’unità del sapere, è essenziale l’attenzione agli aspetti dell’evoluzione culturale, che gravitano intorno al cibo e al sistema agroalimentare: il rapporto con il territorio; le sue risorse e gli elementi di sostenibilità; le diverse tradizioni gastronomiche; il confronto interculturale e la valorizzazione della biodiversità; i riti, la convivialità, i luoghi e le modalità di rapporto con il cibo nell’acquisto e nel consumo.
È importante ribadire che nessuna delle suddette aree tematiche è di per sé esaustiva dell’Educazione Alimentare, ma è dalla considerazione di tutte che può emergere quel quadro complessivo di consapevolezza che è ‘presupposto irrinunciabile per il raggiungimento degli obiettivi precedentemente delineati.
Peraltro, ciascuna delle tematiche indicate si apre a connessioni, estensioni, approfondimenti che richiedono la messa in relazione dei diversi ambiti, a comporre un unico e unitario quadro concettuale di riferimento. Questo tipo di approccio sistemico si coniuga con l’attivazione di competenze proprie di tutte le aree e materie scolastiche, cosicché l’Educazione Alimentare non può essere considerata materia a sé stante, ma deve costituire una presenza continua e diffusa nei curricula di ogni materia, nel segno di quell’unità del sapere che è alla base del nostro stesso
comportamento alimentare.

Le metodologie dell’Educazione Alimentare

L’Educazione Alimentare si sviluppa nell’ottica di integrare progressivamente gli aspetti fondamentali dei rapporti uomo/salute-cibo-cultura/ambiente, così da comporre un percorso a spirale che accompagni gli individui, dalla Scuola dell’infanzia in poi, all’acquisizione di un adeguato grado di consapevolezza e di capacità critica e operativa, rispetto alla complessità dell’atto alimentare.
Il percorso può essere inteso idealmente attraverso quattro momenti significativi, in coerenza con i ritmi dello sviluppo psicologico, esperienziale del singolo:
1. io, il cibo nel mio piatto e il mio corpo: i/ livello dell’intimità, il momento del cibarsi, l’atto del cibarsi – Cos’è per me il cibo che sto mangiando, ora?
2. io, il cibo nella mia giornata, la Scuola e la famiglia: /a realtà vicina temporale e spaziale, la giornata alimentare in famiglia e a Scuola – I tempi, le regole e i momenti del mangiare, la convivialità.
3. io, il cibo, la stagione, gli amici e il territorio in cui vivo: /a realtà intermedia temporale e spaziale – I momenti di consumo autonomo dalla famiglia e dalla Scuola, i modelli di consumo, i luoghi del cibo, gli stili alimentari, la tipicità, comportamenti ed etica.
4. io, il cibo e la società, nel mondo e nel tempo: /e realtà lontane – La dimensione interculturale. Alimento, filiera e complessità del sistema agroalimentare, in un’ottica di sostenibilità planetaria. Il confronto e la comprensione della complessità e della diversità.

La didattica per progetti e la psicologia costruttivista

L’orientamento costruttivista, insieme a quello comportamentistico e cognitivistico, rappresentano le teorie psicologiche che più influenzano il campo di studi nell’Educazione Alimentare.
Considerando che la didattica per obiettivi ha rappresentato e rappresenta tuttora un valido modello per la programmazione del lavoro scolastico, è opportuno che ad essa si affianchino altri modelli pedagogici, in particolare quello della didattica per concetti, ormai consolidato, e quello, per certi versi ancora emergente, della didattica per progetti.
Programmare e portare avanti una didattica per progetti significa privilegiare un approccio psicopedagogico di tipo costruttivista, nel quale l’accento è posto sull’impegno attivo da parte degli allievi nel costruirsi organicamente una propria conoscenza, sulla base di un setting esperienziale che faccia emergere le potenzialità d’apprendimento. Il sapere viene visto come un costrutto personale, realizzato tramite un’attività in collaborazione con altri (il lavoro d’équipe) e sempre dipendente da un determinato contesto, delimitato dai contorni del progetto stesso. Per il docente si tratta di allestire un ambiente di apprendimento favorevole alla sperimentazione di situazioni che richiedano l’esercizio di diversi stili cognitivi, l’utilizzo di differenti linguaggi, l’espressione delle personali attitudini.

Gli indicatori di qualità dell’attività didattica

Per attivare nelle Scuole iniziative formative e didattiche in tema di Educazione Alimentare, si propongono linee progettuali basate su alcuni punti fortemente significativi.
– Prevede momenti di informazione e di formazione specifici, disciplinari e interdisciplinari, tesi a garantire il coinvolgimento di tutte le risorse necessarie. In particolare è indispensabile il coinvolgimento delle famiglie in tutte le fasi delle attività, anche alla luce del patto di corresponsabilità educativa.
– È funzionale al raggiungimento di specifici obiettivi disciplinari e trasversali e si basa sulla “normale attività disciplinare”, quindi ogni disciplina sarà chiamata a contribuire all’organizzazione – all’ampliamento delle conoscenze e abilità necessarie e utili all’esercizio dell’Educazione Alimentare.
– Si avvale di modalità didattiche idonee a motivare gli allievi rendendoli protagonisti consapevoli e responsabili del proprio processo di apprendimento.
– Prevede di coinvolgere gli allievi secondo modalità che inquadrino la diversità come risorsa e non come limite.
– Assume l’operatività e l’attività laboratoriale come pratica normale d’apprendimento; prevedendo situazioni formative che privilegino il lavoro su compiti di realtà, il lavoro di gruppo, il lavoro cooperativo, al fine di ottenere un esito formativo e un “prodotto” spendibile a livello personale o dalla classe, nella Scuola e nell’ambiente extra scolastico (in particolare nelle famiglie).
– Si avvale del contributo, e lo coordina, offerto dalle Amministrazioni pubbliche, dagli Enti locali e da tutti i soggetti potenzialmente utili allo sviluppo dell’attività e al raggiungimento degli obiettivi educativi.
– Viene monitorato e valutato dal gruppo dei docenti impegnati nella sua realizzazione, dal Collegio dei Docenti e dal gruppo di raccordo Scuola e territorio.
– Viene inserito nel POF della Scuola, a garanzia di una piena assunzione di responsabilità, condivisione e continuità.

L’importanza delle Tecnologie Informatiche per la Comunicazione per l’Educazione Alimentare

I mezzi per realizzare queste condizioni possono essere diversi. Un intervento di Educazione Alimentare non può, però, prescindere dal prendere in considerazione le Tecnologie Informatiche per la Comunicazione (TIC), essenziali per aprire a diverse dinamiche di pensiero, modalità di apprendimento e condivisione. Internet ne è l’esempio più evidente (anche se non il solo) e, pur senza lasciare sullo sfondo le problematiche legate alla virtualizzazione dell’esperienza e al diffondersi del cosiddetto “pensiero veloce”, è innegabile la sua possibile funzione educativa, relativamente a:
– la qualità dei messaggi e degli stimoli veicolati attraverso la multimedialità che, unita all’economicità di produzione e alla grande diffusività, permettono di competere con i più sofisticati strumenti di persuasione pubblicitaria televisiva;
– il livello di interattività facilmente realizzabile, capace di stimolare un comportamento attivo e un’assunzione di responsabilità del discente di fronte al mezzo;
– la possibilità di comunicare con gli altri, in situazione sincronica o diacronica, permettendo un diverso stile partecipativo a esperienze comuni;
– la produzione di materiale didattico e la sua diffusione.

4. A SOSTEGNO DELLE LINEE GUIDA PER L’EDUCAZIONE ALIMENTARE NELLA SCUOLA ITALIANA

Le presenti Linee Guida, configurano il quadro epistemologico nel quale collocare l’Educazione Alimentare nella Scuola italiana.
Sono state redatte grazie all’impegno fattivo di numerose realtà scolastiche e non, nell’arco di due anni caratterizzati da lavoro comune continuamente sottoposto a revisione critica.
Proprio per il tipo di approccio che sostengono, è indispensabile che queste Linee di carattere generale trovino l’attenzione non soltanto del mondo scolastico a cui sono in primis dirette, ma anche l’interesse di tutti i soggetti, esterni alla Scuola, chiamati ad agire nell’interesse comune.
In questo senso, dando continuità al metodo di lavoro partecipativo che ha prodotto queste stesse Linee Guida, è auspicabile una loro successiva articolazione e specificazione in schede tecniche monografiche, che permettano di meglio calare nella pratica le indicazioni di quadro.
Sarà compito della Scuola favorire l’adozione di strumenti funzionali alla costruzione di relazioni che massimizzino le potenzialità specifiche di ogni attore sociale, e rendano possibile la messa a punto, la validazione e la diffusione di dette schede monografiche.
Roma, 22 settembre 2011
Il Ministro
Maria Stella Gelmini