Ci vuole una fondata motivazione per vietare il pasto domestico

   Ordinanza Consiglio di Stato 21 ottobre 2019, n. 5305 

REPUBBLICA ITALIANA
Il Consiglio di Stato
In sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso numero di registro generale 7794 del 2019, proposto da:
– -OMISSIS-, in proprio e nella qualità di esercente la responsabilità genitoriale sulla figlia minore – OMISSIS -,
– -OMISSIS- e -OMISSIS-, in proprio e nella qualità di esercenti la responsabilità genitoriale sulla figlia minore -OMISSIS-,
tutti rappresentati e difesi dagli avvocati Giorgio Vecchione e Gabriella Lorena Rosso, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell’istruzione, Ufficio scolastico regionale per la Liguria, Istituto Comprensivo -OMISSIS-, in persona dei legali rappresentati p.t, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato con domicilio legale in Roma,via dei Portoghesi, n. 12;
nei confronti
Ladisa S.r.l., non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria -OMISSIS­/2019, resa tra le parti e concernente: divieto di consumazione di pasti “domestici” nei locali in cui si svolge il servizio di refezione scolastica;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’art.98 cod. proc. amm.;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni appellate;
Visti tutti gli atti di causa;
Vista la domanda di sospensione dell’efficacia della sentenza del Tribunale amministrativo regionale, di reiezione del ricorso di primo grado, presentata in via incidentale dalle parti appellanti;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 17 ottobre 2019, il consigliere Bernhard Lageder e uditi, per le parti, gli avvocati Giorgio e Riccardo Vecchione e l’avvocato dello Stato Alessandro Jacoangeli;
Ritenuto – sulla base di una delibazione sommaria dei motivi d’appello in relazione all’impianto motivazionale dell’impugnata sentenza, propria della presente base cautelare – la sussistenza di consistenti elementi di fumus boni iuris, in quanto:
– alla luce delle acquisite risultanze processuali deve ritenersi comprovato che, con specifico riferimento all’istituto scolastico resistente, persista la situazione di fatto appurata nella fase cautelare d’appello del giudizio definito con la qui appellata sentenza, per cui, a fronte di un numero complessivo di circa 1 .200 alunni, soltanto i due figli degli odierni ricorrenti consumano un pasto domestico e solo due alunni appaiono essere portatori di patologie allergiche da “codice rosso”;
– a fronte di una situazione di fatto, il divieto generalizzato di consumare i pasti domestici all’interno dei locali destinati al servizio di refezione scolastica, in compagnia degli altri alunni, imposto dalla dirigente scolastica con gli atti impugnati in primo grado e ritenuti legittimi nella precedente sentenza, non può che ritenersi dalla dedotta violazione del principio di proporzionalità, attesa la palese eccedenza del mezzo adottato (divieto assoluto di consumare il posto domestico assieme ai compagni di scuola, i quali abbiano optato per il servizio di mensa, nei locali a ciò destinati) rispetto all’obiettivo perseguito (tutelare l’incolumità fisica degli alunni in”codice rosso”);
– infatti, nel caso concreto, l’amministrazione non ha dimostrato che tale obiettivo non fosse conseguibile attraverso un mezzo non limitativo della naturale facoltà dei minori ricorrenti (rispettivamente delle relative famiglie) alla scelta alimentare e del relativo esercizio nel consueto contesto socio-educativo, in particolare attraverso l’attività di vigilanza da svolgere dall’istituzione scolastica, mediante il proprio personale, nel momento di consumazione del pasto nell’ambito dello stesso refettorio, al fine di evitare rischi di contaminazione di cibi dei due alunni in “codice rosso” e, al contempo, assicurare la necessaria integrazione dei due alunni consumatori di pasti “domestici”, in un momento di particolare rilevanza socio-pedagogica;
– non si ravvisano, pertanto, ragioni per discostarsi dal precedente specifico di questa Sezione (costituito dall’ordinanza cautelare d’appello n. -OMISSIS-/2019, pronunciata sulla fattispecie sub iudice nella fase introduttiva del giudizio), con la quale, al fine di garantire in via interinale, nelle more del giudizio di merito, un assetto conservativo dei contrapposti interessi, è stato affermato il sopra evidenziato obbligo di vigilanza dell’istituzione scolastica (ferma restando l’autonomia organizzativa della scuola nell’individuazione delle relative misure attuative, sempre nel rispetto di tutti gli interessi coinvolti);
Ritenuta l’immanenza del periculum in mora nella natura non patrimoniale (per contenuto e funzione) delle situazioni giuridiche soggettive dedotte in giudizio, esposte a pregiudizi non adeguatamente reintegrabili per equivalente monetario in caso di protrazione dello stato di insoddisfazione per tutta la durata del giudizio;
Considerato che ogni ulteriore approfondimento delle questioni dedotte in giudizio (anche con riferimento alla sopravvenuta giurisprudenza delle Sezioni Unite: sentenza n. 20504/2019) va riservato alla sentenza definitiva del giudizio a cognizione piena ed esauriente;
Rilevato che, in applicazione del criterio della soccombenza, le spese della presente fase cautelare, come liquidate nella parte dispositiva, devono essere poste a carico dell’Amministrazione appellata;
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) accoglie l’istanza cautelare (Ricorso numero: 7794/2019) e, per l’effetto, sospende l’esecutività della sentenza impugnata, disponendo nei sensi di cui in motivazione; condanna l’Amministrazione appellata a rifondere agli appellanti le spese della presente fase cautelare, che si liquidano nell’importo complessivo di euro 1.000,00 (mille/00), oltre agli accessori di legge; dispone la fissazione dell’udienza per la discussione del ricorso nel merito a un data da individuarsi nel primo trimestre 2020.
La presente ordinanza sarà eseguita dall’Amministrazione ed è depositata presso la segreteria della Sezione, che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1, 2 e 5, d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, manda alla Segreteria di procedere, in caso di riproduzione in qualsiasi forma, all’oscuramento delle generalità dei minori, dei soggetti esercenti la potestà genitoriale o la tutela e di ogni altro dato idoneo ad identificare i medesimi interessati, riportato nel provvedimento.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 17 ottobre 2019, con l’intervento dei magistrati:
Sergio Santoro, Presidente
Bernhard Lageder, Consigliere, Estensore
Alessandro Maggio, Consigliere
Francesco Mele, Consigliere
Carla Ciuffetti, Consigliere