I dubbi dopo la sentenza di Ribolla

Se una scuola, pur collocata in area a basso rischio sismico, dovrà essere chiusa perché il cosiddetto “indicatore di collasso” è pari a 0,985 invece che a 1,  allora possiamo star certi che quasi tutte le scuole italiane potranno essere soggette allo stesso provvedimento, ma non è assolutamente detto che queste scuole “da chiudere” siano davvero pericolose per l’incolumità degli alunni. È quanto emerge dai primi commenti del mondo accademico, scientifico e professionale dopo la sentenza di Ribolla.

Nel leggere la sentenza della Corte di Cassazione 8 gennaio 2018, infatti, si deve tener presente che il 65% degli edifici scolastici sono stati costruiti antecedentemente alla prima normativa antisismica del 1974 e quasi la totalità degli edifici sono stati costruiti antecedentemente alle NTC (norme tecniche di costruzione) del 2008, nelle quali è stabilito e definito l’indicatore di collasso a cui la sentenza di Ribolla si è riferita.

Il prof. Bruno Calderoni, docente di tecnica delle costruzioni dell’Università degli Studi Federico II di Napoli, commentando l’ipotesi di sequestro di una edificio con un minimo scostamento dai parametri delle norme tecniche, è arrivato ad esclamare: “Ormai la pazzia vince sulla ragionevolezza! Non resta altro da fare che abbandonare tutte le costruzioni realizzate prima del 2008 e ricostruire l’intero paese”. “Forse però sarebbe opportuno spiegare ai non addetti ai lavori”  ha scritto Calderoni “che anche un edificio progettato secondo le norme vigenti ha una certa probabilità (non bassissima) di non resistere al terremoto (questo è insito nei metodi probabilistici di progettazione) e che la sicurezza assoluta non può esistere.” Per poi concludere, ironicamente: “L’unica è piantare una tenda…ma dove?”.

Sulla stessa questione, l’ing. Giovanni Cardinale (nella foto), vice presidente del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, ha scritto un interessante commento mettendo in guardia sul fatto che “La lettura di una norma tecnica fuori dal contesto proprio delle valutazioni del progetto, apre scenari impensabili e potenzialmente molto critici.”. Si corre il rischio che indicatori convenzionali finalizzati alla progettazione diventino l’unico requisito da dimostrare in sede giudiziaria. In questo senso: “La cogenza delle norme può condurre a perseguire una sicurezza formale prima ancora di quella sostanziale, annullando il senso più profondo della parola rischio e declinando la non prevedibilità dei terremoti in una certezza del risultato garantito dal rispetto della norma, che noi sappiamo essere impropria”.

Il prof. Antonio Borri, docente di scienze delle costruzioni della facoltà di ingegneria di Perugia, ha scritto: “Potremmo osservare che quella scuola (forse non recentissima, visto che la verifica del tecnico – cui evidentemente quello 0,015 che mancava proprio non è voluto uscire – è del 2013) con il valore di 0,985 è forse una delle scuole più sicure che abbiamo in Italia, e che il nostro paese è pieno di edifici rilevanti (scuole, etc.) dove le verifiche sismiche hanno dato valori ben inferiori eppure, in alcuni casi molto colpevolmente ed irresponsabilmente, sono in funzione.”.

Sempre il prof. Borri nell’approfondito commento, informa che le nuove norme tecniche, in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, nel capitolo 8, paragrafo 8.4 – Classificazione degli interventi, stabiliscono  che “per la combinazione sismica delle azioni, il valore di ζE può essere minore dell’unità”. Questo dovrebbe chiarire, per il futuro, la questione ed il sindaco di Roccastrada, mal che vada, potrà confidare nel principio del favor rei secondo il quale, in ambito penale, è garantita l’efficacia retroattiva di una nuova legge più favorevole rispetto a quella previgente.

L’ing. Andrea Barocci, infine, nell’articolo “Siamo tutti colpevoli” si autodenuncia provocatoriamente, dopo aver elencato una serie di normative vigenti nelle quali si prevede il mantenimento in esercizio di edifici che, prendendo per buona la sentenza della Cassazione, andrebbero immediatamente evacuati e sigillati, in quanto non adeguati sismicamente.