Configurazione giuridica della refezione scolastica

 TAR Lombardia – sentenza 556/2018 

Pubblicata il 27/02/2018

N. 556/2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2536 del 2016, proposto da:

Rosella Blumetti, Cristina Cavallo, Anna Maria Delogu, Pompeo Marano, Teresa Petroro, Virginia Scicolone, C.G.D. – Coordinamento Genitori Democratici della Lombardia, rappresentati e difesi dagli avvocati Livio Neri e Alberto Guariso, con domicilio eletto presso lo studio degli stessi in Milano, viale Regina Margherita n. 30;

contro

Comune di Corsico, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Aldo Travi e Maura Tina Carta, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in Milano, via Camperio, n. 9;

per l’annullamento

della deliberazione della Giunta n. 137 del 26 luglio 2016 relativa ai servizi scolastici comunali; nonchè di tutti gli atti presupposti connessi e consequenziali.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Corsico;

Viste le memorie difensive;

Visti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 gennaio 2018 la dott.ssa Valentina Mameli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

I) Con il ricorso indicato in epigrafe i ricorrenti hanno impugnato la deliberazione della Giunta n. 137 del 26 luglio 2016 del Comune di Corsico avente ad oggetto “Linee di indirizzo riguardanti l’ammissione alla frequenza dell’anno scolastico 2016/2017 dei servizi Comunali Asilo Nido e Scuola per l’Infanzia e dei servizi scolastici comunali (refezione, pre-post e trasporto scolastico) presso le Scuole statali (scuole per l’infanzia, scuola primaria e scuola secondaria di 1° grado) degli iscritti appartenenti a nuclei familiari morosi”.

Con tale deliberazione, per quanto qui di interesse, il Comune di Corsico, proseguendo nel solco della precedente deliberazione n. 205/2015, e confermando espressamente le determinazioni ivi assunte, ha disposto di non ammettere ai servizi scolastici comunali gli iscritti appartenenti a nuclei familiari che presentino morosità nei confronti dell’Amministrazione comunale, fatti salvi i casi di comprovata e documentata condizione di gravità socio-economica della famiglia.

Con l’atto introduttivo del giudizio hanno dedotto i motivi di gravame di seguito sintetizzati:

1) violazione degli artt. 4 e 5 della legge regionale n. 31/1980 e della Direttiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri 27 gennaio 1994: il servizio di refezione scolastica andrebbe qualificato come servizio pubblico e come tale non potrebbe subire interruzioni;

2) violazione dell’art. 1460 c.c.; eccesso di potere: l’interruzione del servizio violerebbe l’art. 1460 c.c. non essendo configurabile un contratto a prestazioni corrispettive;

3) violazione degli artt. 2,3,31, 32 e 34 Cost. nonché della Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, della Carta Sociale Europea, delle “Linee di indirizzo nazionale per la ristorazione scolastica” del Ministero della Salute; eccesso di potere: il diritto all’istruzione – nell’alveo del quale dovrebbe essere ricompreso il diritto a usufruire di tutti i servizi funzionali all’attività didattica e alla frequenza scolastica come la mensa – verrebbe pregiudicato per ragioni meramente economiche. Tale violazione si riverbererebbe anche sui figli di genitori non morosi, i quali si troverebbero a consumare il pasto senza i propri compagni, in una situazione altamente diseducativa.

Si è costituito in giudizio il Comune di Corsico che, oltre a contestare nel merito la fondatezza nel ricorso, ne ha eccepito l’inammissibilità sotto diversi profili.

Con ordinanza n. 1595 del 14 dicembre 2016 questo Tribunale ha rigettato la domanda cautelare.

Il Consiglio di Stato sez. V con ordinanza n. 1564 del 13 aprile 2017 ha accolto l’appello cautelare ritenendo che “le esigenze cautelari della parte appellante possono essere adeguatamente tutelate con la sollecita fissazione dell’udienza di merito davanti al TAR”.

In vista della trattazione nel merito le parti hanno scambiato memorie difensive insistendo nelle rispettive conclusioni.

Indi all’udienza pubblica del 12 gennaio 2018 la causa è stata chiamata e trattenuta per la decisione.

II) Devono essere esaminate le questioni preliminari sollevate dalla difesa del Comune intimato, che ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione e di interesse sia dei ricorrenti persone fisiche sia dell’associazione.

In proposito sono necessarie alcune puntualizzazioni in fatto, esaminando le eccezioni partitamente a seconda della categoria di ricorrenti.

II.1) I ricorrenti persone fisiche sono tutti residenti nel Comune; alcuni sono genitori di alunni che frequentano gli istituti scolastici del Comune, altri meri contribuenti del Comune (in particolare Blumetti e, divenuto tale nel corso della pendenza del giudizio, Marano, non frequentando più i figli le scuole comunali).

Nessuno dei ricorrenti, in ogni caso, versa in situazione di morosità nei confronti dell’Amministrazione comunale.

Ciò posto, ad avviso del Collegio il ricorso deve essere dichiarato inammissibile in relazione alle persone fisiche ricorrenti, essendo prive sia di legittimazione sia di interesse.

In punto di legittimazione tali soggetti in relazione alla deliberazione impugnata non rivestono alcuna posizione differenziata e qualificata che li connoti rispetto alla generalità dei consociati.

Risulta inidoneo il mero dato relativo alla residenza nel Comune di Corsico, dovendo la legittimazione essere individuata in rapporto alle specifiche determinazioni impugnate, che riguardano di servizi scolastici, avendo quindi quali destinatari soggetti che non rivestono la sola qualità di residente (e non necessariamente).

In punto di interesse ad agire, va rammentato che nel processo amministrativo l’interesse a ricorrere è condizione dell’azione e corrisponde ad una specifica utilità o posizione di vantaggio che attiene ad uno specifico bene della vita, contraddistinto indefettibilmente dalla personalità e dall’attualità della lesione subita, nonché dal vantaggio ottenibile dal ricorrente; in sostanza sussiste interesse al ricorso se la posizione azionata dal ricorrente lo colloca in una situazione differente dall’aspirazione alla mera e astratta legittimità dell’azione amministrativa genericamente riferibile a tutti i consociati, se sussiste una lesione della posizione giuridica del ricorrente, se è individuabile un’utilità della quale il ricorrente fruirebbe per effetto della rimozione ope iudicis del provvedimento e se non sussistono elementi tali per affermare che l’azione si traduce in un abuso della tutela giurisdizionale (Cons. Stato sez. V 22 dicembre 2014 n.6288).

Nel caso di specie tali connotati, propri dell’interesse ad agire, non sussistono.

Ed invero le disposizioni della deliberazione non determinano alcuna incisione nella sfera giuridica dei ricorrenti persone fisiche.

Non è conducente l’argomentazione secondo cui i genitori non morosi avrebbero comunque interesse perché la delibera violerebbe il diritto all’istruzione anche dei loro figli nella misura in cui non consumerebbero il pasto con i figli dei morosi.

A prescindere dal rilievo che tale argomento corrisponde tutt’al più ad un interesse di mero fatto, come tale non tutelabile e che non concretizza alcuna posizione legittimante, va osservato che i servizi presi in considerazione della deliberazione impugnata, ed in particolare la refezione scolastica, su cui si appuntano le maggiori attenzioni dei ricorrenti, non sono riconducibili al diritto all’istruzione, essendo piuttosto strumentali all’attività scolastica. Il servizio di refezione scolastica è, infatti, un servizio pubblico locale “a domanda individuale” (T.A.R. Piemonte, sez. I, 31 luglio 2014, n. 1365). Da ciò consegue che l’ente locale non ha alcun obbligo di istituire ed organizzare tale servizio, ma se decide di istituirlo è tenuto ad individuare il costo complessivo del servizio e a stabilire la misura percentuale finanziabile con risorse comunali e quella da coprire mediante contribuzione degli utenti.

Ciò precisato, dunque, non è rinvenibile in capo ai ricorrenti (si ribadisce, soggetti non morosi) alcuna lesione del diritto all’istruzione derivante dalle disposizioni della deliberazione impugnata, sotto il profilo evidenziato dai ricorrenti.

Neppure risulta convincente l’ulteriore argomentazione secondo la quale i ricorrenti potrebbero trovarsi in futuro ad essere morosi e quindi direttamente interessati dalle determinazioni impugnate. Poche parole servono per evidenziare la mancanza del necessario requisito dell’attualità della lesione ai fini della sussistenza dell’interesse ad agire.

Per le ragioni che precedono il ricorso deve essere dichiarato inammissibile quanto ai ricorrenti persone fisiche.

II.2) Identica sorte spetta al ricorso quanto all’associazione ricorrente, ovvero l’Associazione Coordinamento Genitori Democratici della Lombardia.

Deve premettersi, sotto un profilo generale, che il sistema di tutela giurisdizionale amministrativa ha il carattere di giurisdizione soggettiva e non di difesa dell’oggettiva legittimità dell’azione amministrativa, alla stregua di un’azione popolare, e non ammette, pertanto, un ampliamento della legittimazione attiva al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge (Cons. Stato sez. IV 6 dicembre 2013 n. 5830; sotto tale profilo cfr. anche Ad. Plen. n. 4/2011).

La legittimazione processuale si rinviene solo in capo ai soggetti che presentino una posizione differenziata, in virtù della titolarità, a monte, di una posizione giuridica soggettiva sostanziale precipua. Il presupposto e nel contempo l’effetto, è che nel processo amministrativo, fatta eccezione per ipotesi specifiche in cui è ammessa l’azione popolare (ad esempio il giudizio elettorale), non è consentito adire il relativo giudice unicamente al fine di conseguire la legalità e la legittimità dell’azione amministrativa, ove ciò non si traduca anche in uno specifico beneficio in favore di chi la propone, il quale, a sua volta, deve trovarsi in una situazione differenziata rispetto al resto della collettività e non sia un quisque de populo.

La legittimazione di associazioni rappresentative di interessi collettivi obbedisce a stringenti regole; esse consistono innanzitutto nella necessità “che la questione dibattuta attenga in via immediata al perimetro delle finalità statutarie dell’associazione e, cioè, che la produzione degli effetti del provvedimento controverso si risolva in una lesione diretta del suo scopo istituzionale e non della mera sommatoria degli interessi imputabili ai singoli associati”, restando comunque preclusa ogni iniziativa giurisdizionale sorretta dal solo interesse al corretto esercizio dei poteri amministrativi o per mere finalità di giustizia, occorrendo un interesse concreto ed attuale (imputabile alla stessa associazione) alla rimozione degli effetti pregiudizievoli prodotti dal provvedimento controverso (Cons. Stato, Ad. Plen. 2 novembre 2015, n. 9).

L’elaborazione giurisprudenziale pone quale requisito necessario l’effettiva rappresentatività del soggetto, ovvero l’effettiva attitudine dello stesso a rappresentare una determinata categoria organizzata, in assenza di un’espressa previsione legislativa che direttamente riconosca legittimazione a determinati soggetti. L’effettiva rappresentatività, in altri termini, è l’elemento che consente di “transitare” dagli interessi diffusi (comuni a tutti gli individui di una certa formazione sociale non organizzata, che non si prestano ad essere tutelati in sede giurisdizionale, salve le ipotesi di azione popolare legislativamente previste) agli interessi collettivi, ovvero interessi che hanno come portatore un ente esponenziale di un gruppo non occasionale.

Sono stati quindi enucleati diversi indici atti a dimostrare, in funzione della legittimazione processuale, l’effettiva rappresentatività di un ente ai fini della tutela giurisdizionale dell’interesse collettivo di cui lo stesso si dichiara portatore. Tali indici sono stati individuati nei seguenti:

 

– la finalità di protezione dell’interesse collettivo quale fine cui è preordinata l’attività dell’ente in base alle finalità statutarie;

– la struttura organizzativa stabile, tale da consentire al soggetto di svolgere con continuità la propria attività a protezione dell’interesse collettivo;

– la c.d. vicinitas, ovvero la “prossimità” tra l’interesse che si assume leso e la finalità statutaria dell’ente.

Ciò sinteticamente precisato, il Collegio osserva che, nel caso di specie non è stato prodotto in giudizio lo Statuto dell’Associazione Coordinamento Genitori Democratici della Lombardia.

Dal sito internet dell’Associazione Coordinamento Genitori Democratici Onlus si apprende che si tratta di un’associazione con sede a Roma e con articolazioni locali su tutto il territorio nazionale, tra cui la Lombardia e diversi Comuni della medesima Regione.

Non risulta tuttavia che la “sezione” Lombardia abbia una propria autonomia giuridica né un proprio Statuto. Tale circostanza (ovvero la carenza di elementi univoci a riguardo) rende impossibile verificare l’esistenza di una struttura organizzativa stabile nonché la sussistenza di un adeguato livello di rappresentatività di tale articolazione territoriale, che agisce nel presente giudizio.

Ai fini dell’individuazione dello scopo, ci si deve quindi riferire allo Statuto della onlus “nazionale”, che all’art. 2, indica tra i propri scopi quello di “contribuire alla piena realizzazione di una scuola pubblica, democratica, laica, moderna e qualificata, intesa come luogo privilegiato di crescita umana e di formazione civile e culturale, in rapporto dinamico con il territorio e con le sue istituzioni. A tale scopo sollecita l’impegno dei genitori e la collaborazione tra tutte le componenti scolastiche: genitori, studenti, non docenti, insegnanti e dirigenti scolastici”.

Ebbene, nel caso di specie, oltre alla carenza di dimostrazione di un adeguato grado di rappresentatività e di una struttura organizzativa stabile della “sezione” Lombardia, difettano i presupposti per ritenere sussistente la legittimazione dell’associazione, alla luce dei principi sopra riportati, considerato che lo scopo associativo non è di per sé sufficiente a rendere differenziato un interesse diffuso o adespota facente capo ad un parte più o meno ampia della popolazione (T.A.R. Catanzaro sez. I 9 maggio 2013 n.565; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 9 luglio 2012, n. 1914; Cons. Stato sez. IV 19 febbraio 2010 n. 1001; sez. V 14 giugno 2007 n. 3192 e 23 aprile 2007, n. 1830).

Tenuto conto dello scopo statutario dell’associazione come sopra evidenziato – peraltro individuato dalla stessa ricorrente come quello rilevante per la controversia (cfr. pag. 5 memoria depositata in data 12 dicembre 2017) – non si rinviene in relazione al contenuto oggettivo della deliberazione impugnata quella attinenza immediata con lo scopo statutario.

Va infatti rammentato, come sopra già precisato, che la questione disciplinata dal provvedimento riguarda non già il diritto all’istruzione bensì un servizio a domanda individuale meramente strumentale all’attività scolastica, che potrebbe anche non essere istituito. La riconducibilità del contenuto della deliberazione alla categoria “diritto all’istruzione” è in realtà una costruzione dell’articolazione impugnatoria su cui il Collegio, come detto, dissente in ragione della corretta qualificazione del servizio di refezione scolastica.

Sotto altro e concorrente profilo la deliberazione impugnata non incide in via diretta ed immediata sull’interesse istituzionalmente rappresentato dall’associazione ricorrente, la quale, nell’affermare di avere titolo ad agire, ha fatto leva in realtà su un interesse di mero fatto.

Per le ragioni che precedono, in conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Considerata la particolarità della questione nonchè la natura in rito della pronuncia, sussistono eccezionali ragioni per disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le parti costituite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2018 con l’intervento dei magistrati:

Ugo Di Benedetto, Presidente

Alberto Di Mario, Consigliere

Valentina Santina Mameli, Referendario, Estensore

L’ESTENSORE

Valentina Santina Mameli

IL PRESIDENTE

Ugo Di Benedetto