[ANCI] Spese internet e materiali pulizia scuole

Nota ANCI 19 gennaio 2006 
A SEGUITO DEL PARERE DELL’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO 3 AGOSTO 2005, N. 12.676, L’ ANCI HA PRODOTTO, IN DATA 19 GENNAIO 2006, I SEGUENTI DOCUMENTI CHE SI RIPORTANO A SEGUIRE:
1) Lettera del direttore dell’Anci all’Avvocatura dello Stato
2) Comunicato Stampa
3) Documento tecnico di approfondimento

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Roma, 19 gennaio 2006

Egr. Avv. Generale dello Stato
Oscar Fiumara
Avvocatura Generale dello Stato
Via dei Portoghesi, 12
00186 Roma

Egregio Avvocato Generale,

recentemente l’Anci è venuta a conoscenza della nota del 3 agosto 2005, prot. Cs.12767/05 con cui l’Avvocatura di Stato, in risposta ad alcuni quesiti di Avvocature Distrettuali, ha espresso un parere rispetto all’onere per il materiale di pulizia delle scuole elementari e per il collegamento a Internet.
Mentre su questo secondo approfondimento l’Anci desidera esprimerete il proprio apprezzamento, visto che viene ribadito che le spese telefoniche poste a carico dei Comuni devono contenersi, solo alle conversazioni necessarie per esigenze di servizio, criterio che deve limitare anche i collegamenti in Internet, su altre parti della nota l’Anci non può esprimere la propria condivisione.
Infatti, viene asserito che gli oneri per il materiale delle pulizie delle scuole elementari sono a carico dei Comuni, sulla base di considerazioni tra cui i trasferimenti erariali operati dal Ministero dell’Interno a favore delle Province, alle quali erano stati trasferite dalla legge 23/96 le competenze sulla edilizia scolastica delle scuole superiori.
Sull’argomento del materiale di pulizia delle scuole l’Anci ha da tempo ritenuto doveroso un approfondimento nell’interesse dei propri associati, per dare loro maggiori certezze nella titolarità delle spese di competenza in una materia molto controversa, ma anche per favorire il sereno svolgimento dei servizi nei loro territori, evitando contenziosi pregiudiziali per il buon funzionamento della amministrazione pubblica.
Pertanto, l’Associazione ritiene utile chiedere a codesta Avvocatura di Stato un riesame della questione alla luce di alcune considerazioni esplicitate nella nota allegata ed utili per l’approfondimento della tematica molto sentita e che necessita di interpretazioni non contrastanti, visto anche, fra i molti, l’ultimo comma del parere dell’Avvocatura Distrettuale di Firenze del 5 marzo 2004, parimenti allegato.

Cordialmente,

Angelo Mughetti

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COMUNICATI ANCI SUL PARERE 3 AGOSTO 2005, n. 12.767, AVVOCATURA DELLO STATO

SPESE PER INTERNET E PER IL MATERIALE DI PULIZIA: L’AVVOCATURA DELLO STATO RIAPRE LA DISCUSSIONE

Con una nota indirizzata al Miur e al Ministero dell’Interno e per conoscenza anche alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, l’Avvocatura dello Stato, ha espresso un parere su due tematiche sempre calde nel rapporto tra scuola ed Enti Locali l’uso di Internet e le spese per il materiale di pulizia.

L’Anci aveva approfondito al questione delle spese per il materiale di pulizia, giungendo alla conclusione, sulla base di alcune sentenze e alcuni autorevoli pareri, che non spettassero più ai Comuni dopo il trasferimento del personale ATA allo Stato per lo svolgimento di tutti i compiti ad essi affidati, se compatibili con il nuovo profilo professionale statale.

Tale convinzione permane anche dopo la lettura della nota della Avvocatura dello Stato, cui si rimanda, stanti le motivazioni in esso espresse, tanto che il Segretario Generale Angelo Rughetti ha richiesto all’Avvocato Generale, Oscar Fiumara, con una lettera ed il promemoria allegato, di voler riesaminare il parere alla luce delle considerazioni in essi contenute.

Detto quanto sopra, va precisato che l’Anci ritiene comunque di dover invece apprezzare la nota dell’Avvocatura dello Stato nella parte in cui esamina approfonditamente la questione dell’uso di Internet da parte delle Istituzioni scolastiche.

Il parere infatti, esplicita due questioni che da tempo l’Anci ha ribadito, ma che le Istituzioni scolastiche non sempre accettano:

La prima questione riguarda l’uso di Internet per le attività didattiche per le quali l’Avvocatura Generale dello Stato scrive:

“E’ appena il caso di precisare che l’utenza telefonica con il conseguente accesso in internet non ha a che vedere con lo svolgimento dell’attività didattica o scolastica, né con “le iniziative complementari e integrative dell’iter formativo degli studenti” di cui parla il DPR 10.10.1996, n. 597: anche lo strumento informatico o la navigazione in internet possono essere oggetto di iniziative complementari e integrative, legittimamente svolte nella scuola, ma il costo è a carico dall’Amministrazione della pubblica istruzione, come peraltro dispone l’art. 4, c. 3, DPR n. 597/96, e per le quali l’utilizzo dei “beni e comunque subordinato al consenso dei relativi “enti proprietari” (art. 2, c. 4, DPR n. 567 cit.). E’ appena il caso di chiarire, da ultimo, che l’acquisto della strumentazione occorrente per l’accesso in rete tramite linea telefonica e l’eventuale abbonamento con il gestore del “portale” non sono a carico dei comuni: l’impianto per internet non è “impianto telefonico”.

Che dire di più? Il testo è chiarissimo e si da atto all’Avvocatura dello Stato di aver espresso un parere utile per le precisazioni che i Comuni fossero costretti a fare rispetto alle richieste delle scuole e che evidentemente le scuole non potranno più ignorare o respingere al mittente.

La seconda questione riguarda l’uso del telefono, anche su questo l’Anci è intervenuta su richiesta dei Comuni approfondendo alcuni aspetti, quale l’uso erroneo del telefono come servizio telegrafico per la chiamata del personale statale, ormai diffuso, operazione che fa aumentare la bolletta telefonica, nonostante non si tratti di competenza dei comuni.

Anche su questo la nota dell’Avvocatura chiaramente spiega che le scuole debbono evitare aggravi di spese per l’ente locale e dopo aver ricordato le spese obbligatorie, scrive:

“Ciò tuttavia non significa che l’onere per le spese di impianto e di esercizio del telefono siano a carico dei comuni a prescindere dall’utilizzo che del telefono si faccia.
E’ ovvio ed indiscutibile che le spese poste a carico dei comuni devono riferirsi alle conversazioni effettuate per esigenze di servizio: ed è questo il limite dei costi per i collegamenti in internet: i quali collegamenti non possono essere altri che quelli realizzati per contattare i medesimi centri che sarebbero raggiungibili con la telefonia tradizionale e con i quali per ragioni di servizio è necessario colloquiare; il sistema internet semplicemente facilita e rende più rapido l’accesso alla comunicazione di servizio.
Dunque, i siti istituzionali non a pagamento ben possono essere consultati essendo, allora, il telefono lo strumento tecnico di raggiungimento dello scopo (colloquiare per esigenze di servizio) in relazione al quale la spesa è posta a carico del comune; tale modalità operativa è più agile ed efficiente e non è affatto più costosa dell’uso tradizionale dell’apparecchio di telefonia.
In una parola, la comunicazione a distanza mediante rete telefonica per ragioni di servizio, a carico dei comuni, non può non comprendere il costo degli ”scatti per il servizio accessorio, ormai del tutto ordinario per la sua normale diffusione, della “navigazione” in internet, purchè questa si indirizzi ai siti istituzionali (raggiungibili, cioè, dall’utente per ragioni di servizio) non a pagamento.”

Come si vede sia Internet è a carico dei Comuni solo per il lavoro d’Ufficio, ma anche il lavoro di ufficio deve essere limitato alla consultazione dei siti istituzionali non a pagamento, escludendo pertanto tutte le altre utilizzazioni che non rientrano in queste fattispecie.

Si allega il nuovo approfondimento effettuato dall’Anci a seguito del Parere citato.

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NOTA ANCI SUL PARERE 3 AGOSTO 2005, n. 12.767, AVVOCATURA DELLO STATO

Premessa

Va prioritariamente detto che l’Anci, pur non d’accordo con la conclusione cui giunge la nota in riferimento, circa il permanere dell’obbligo dei Comuni a sostenere le spese per il materiale di pulizia delle scuole, dopo l’avocazione allo stato dei compiti di pulizia, concorda con l’individuazione delle fonti richiamate e tra queste l’art. 55, R.D. del 1928 e l’art. 91, L. C. e P. del 1934, che così elencavano le spese obbligatorie dei Comuni per le scuole: fornitura dei locali scolastici (costruzione, acquisto, adattamento e manutenzione), arredamento, riscaldamento, illuminazione, fornitura dei sussidi audiovisivi, personale di servizio per la scuola elementare.

I Comuni erano altresì tenuti all’arredamento, al riscaldamento, all’illuminazione delle direzioni didattiche e degli ispettorati scolastici.

Per i ginnasi, i licei classici e gli istituti magistrali il Comune era tenuto solo alla fornitura dei locali, alla loro manutenzione e arredamento, al riscaldamento e alle spese d’ufficio.

Queste norme sono state il fondamento negli anni dei pareri del Consiglio di Stato, recepiti nelle circolari dei Ministeri dell’Interno e della Pubblica Istruzione dirette a regolare i rapporti tra le scuole e gli Enti Locali.

Significativa al riguardo è la Circolare n° 15 del 21.5.80, con la quale il Ministero dell’Interno, nel tentativo di chiarire dubbi insorti già allora sull’argomento affermava, anche sulla base di reiterati e concordi pareri del Consiglio di Stato del ’74, del ’76 e del ’78, che, “l’art.55 del T.U. del 1928, pur ponendo a carico dei comuni alcune delle spese che sono da considerarsi spese d’ufficio, tuttavia non prevede quelle relative alla pulizia dei locali e quelle telefoniche.”

Il riordino della normativa, contenuto nel Testo Unico sull’Istruzione 297/1994, non ha modificato la distribuzione delle competenze, come anche asserito dal Ministero dell’Interno nella nota 4961/95, allegata, che, confermando il contenuto della circolare M.I.A.C.E.L. n° 15/1980 succitata, conclude che non sono imputabili ai comuni le spese relative alla pulizia dei locali e telefoniche delle scuole elementari.

Le spese di pulizia delle scuole

A) Lo svolgimento del compito di pulizia dei comuni

Nonostante quanto sopra i Comuni hanno provveduto alla pulizia dei locali scolastici fino al 1999, perchè la norma, ponendo a carico dei Comuni la fornitura del personale di servizio, che aveva nel mansionario il compito della pulizia dei locali scolastici, faceva discendere in modo indiretto sui Comuni l’onere della pulizia dei locali.

Tale competenza è stata incisa solo dall’art. 8 della legge 124/99 che, trasferendo allo Stato il personale ATA, al c.1 dispone che: “Il personale ata degli istituti e scuole statali di ogni ordine e grado è a carico dello Stato. Sono abrogate le disposizioni che prevedono la fornitura di tale personale da parte dei comuni e delle province” .

Ed al momento della applicazione dell’articolo 8 mediante l’art.7 del D.M. 23 luglio 99, è stato precisato che tale personale era tenuto anche al mantenimento nel servizio statale di tutti i preesistenti compiti attribuiti, purchè previsti nel corrispondente profilo professionale statale.

B) La legge 23/96

La legge 23/96 pur avendo trasferito ai Comuni alcuni oneri precedentemente sostenuti dallo Stato, secondo l’Anci e secondo molti altri pareri, nulla ha innovato in relazione alle competenze sulle pulizie delle scuole materne e dell’obbligo, pertanto l’assunto che il materiale di pulizia sia a carico dei Comuni in virtù dell’art.3 della legge 23/96, non appare sostenibile.

Infatti l’art. 3 della legge 23/96, non è una norma di riforma del T.U.297/94 sulla pubblica istruzione, ma una disposizione esplicitamente attuativa dell’art. 14, primo comma, lettera i, della legge 8 giugno 1990, n° 142.

Ed è ormai pacificamente accettato dalla giurisprudenza che l’art. 3 della legge 23/96 nel caso in cui ha inteso ampliare le competenze dei comuni, in deroga all’art. 10 della legge 142/90, lo ha fatto esplicitamente indicando in modo analitico i nuovi oneri, come ad esempio per le spese telefoniche delle scuole elementari, precedentemente in carico allo Stato.

Pertanto rimane fermo il principio che tra le spese varie d’ufficio devono essere ricomprese solo le voci sostenute ricorrentemente dai comuni, prima della adozione della legge 23/96, così come regolate dalle precedenti disposizioni, riordinate nel T.U. del ‘94, e come risultavano già elencate nella citata Circolare del Ministero degli Interni n° 15/80: acquisto di materiale didattico, di arredi scolastici, registri stampati. Tra questi non è citato il materiale di pulizia, che pertanto, ove fosse oggi ricompresso, costituirebbe un ampliamento delle competenze.

Ampliamento escluso unanimemente da pareri e dalla giurisprudenza, basti ricordare tra le altre una risoluzione del Ministero delle Finanze – Dipartimento delle entrate – Direzione Centrale per la Fiscalità Locale del 28/02/97, che dall’esame comparato dei testi, in risposta a quanto rilevato dall’Avvocatura distrettuale di Stato di Catania, concludeva che l’art.3, della Legge 23/96, pur estendendo gli obblighi posti a carico dei comuni, per la scuola dell’obbligo, non comprende tra le spese varie d’ufficio “tutte” le spese di gestione.

Determinazione poi condivisa anche da due sentenze della Corte di Cassazione sulla vicenda della tarsu, la prima del 2000 la seconda della sezione 5 – n° 37/2004, di cui l’Avvocatura dello Stato ha tenuto conto nella nota che si riscontra.

C) Il merito delle spese per il materiale di pulizia

Con la fornitura del materiale di pulizia alle sole scuole materne ed elementari statali, i comuni consentivano un efficace lavoro del proprio personale ata, mentre i collaboratori statali provvedevano alla pulizia delle scuole medie con materiale fornito dalle Presidenze con fondi statali; tale diversificazione conferma come non si tratti di voce per il funzionamento della scuola, ex art. 3 legge 23/96, che avrebbe dovuto includere anche le scuole medie, ma connessa alla fornitura del personale, legge C. e P. 1934 e seguenti.

Sembra utile approfondire ora il parere del Consiglio di Stato, 1784/96, richiesto a suo tempo dal M.I.U.R. per definire l’attribuzione degli oneri delle pulizie per le scuole elementari, escluse dal Ministero dell’Interno dopo l’approvazione della legge 23/96, tra i compiti dei Comuni.

La circolare del M.ro dell’Interno del 22/12/1995, che aveva bloccato la pulizia delle scuole da parte dei Comuni, aveva suscitato conflitti tra scuole ed Enti Locali e il parere del Consiglio di Stato 1784/’96, oltre a confermare la competenza dei Comuni sulla pulizia delle scuole, chiarì che non sarebbe più stata giustificabile “la distinzione tra le spese attinenti ai materiali necessari per la pulizia dei locali e quelle relative al personale di servizio” con la conseguenza che la voce spese varie d’ufficio, avrebbe dovuto comportare automaticamente per i Comuni, l’accollo del costo delle spese di pulizia (personale e materiali) per tutto l’obbligo.

I Comuni mai assunsero la pulizia delle scuole medie (e nessuno lo chiese) perché si era dell’avviso che le spese per la pulizia potessero far carico ai comuni, non in virtù della legge 23/96, il cui contenuto come dimostrato non è ampliabile, ma solo in quanto, come detto, gli stessi comuni erano tenuti a fornire alla scuola elementare e materna statale, personale di servizio, il cui profilo professionale, secondo il relativo contratto nazionale di lavoro, ricomprendeva la pulizia dei locali scolastici.

Pertanto proprio per le considerazioni espresse dal Parere del Consiglio di Stato nel 1996 della impossibilità di separare il materiale di pulizia dal personale, oggi, che il personale è statale, il materiale di pulizia non può essere comunale.

Le norme per la sicurezza sul lavoro

Tale tesi è anche supportata dal fatto che nel rispetto delle norme per la sicurezza sul lavoro apparirebbe incongruo, rispetto all’attuale suddivisione di competenze tra Stato ed Enti Locali, che le modalità di svolgimento del lavoro di dipendenti dello Stato fossero condizionate dalla scelta da parte di altro Ente di materiale inidoneo o di mezzi incongrui rispetto alle mansioni da svolgere.

L’art. 35, c. 9, della legge n. 289/2002 (Finanziaria 2003), stabilisce infatti che “le istituzioni scolastiche possono deliberare l’affidamento in appalto dei servizi di pulizia, di igiene ambientale e di vigilanza dei locali scolastici e delle loro pertinenze.”.

La facoltà attribuita dalla norma citata alle istituzioni di provvedere a mezzo di soggetti terzi anche ai servizi di pulizia delle scuole, implica necessariamente la titolarità – ossia l’obbligo – a provvedere a tale compito da parte delle medesime istituzioni, compito che non può essere ragionevolmente disgiunto fra “obbligazione” e “strumenti per adempiere”, posto che si tratta di una “obbligazione di fare” le cui modalità satisfattive risultano nelle cure del medesimo soggetto obbligato, e cioè delle istituzioni scolastiche.

Nell’ambito degli strumenti ovvero delle modalità tramite i quali le predette istituzioni devono provvedere alle pulizie, vi rientra certamente il materiale per mezzo del quale il servizio viene svolto.

Sostenere che gli oneri del materiale per le pulizie risultano a carico dei Comuni che non hanno alcun obbligo in merito è privo di riferimenti giuridici certi e consolidati e di ogni logica.

Inoltre con circolare ministeriale del 10 dicembre 2001, n. 173, avente per oggetto il Programma annuale delle istituzioni di ogni ordine e grado per l’anno 2002, sono state fornite “Indicazioni operative di carattere generale”. Fra le spese sono indicate quelle inerenti il “funzionamento amministrativo di carattere generale, quali ad esempio l’acquisto di cancelleria, stampati, materiale di pulizia locali”, tutti oneri di competenza delle istituzioni scolastiche.

Del resto in via generale ciascun datore di lavoro provvede a mettere a disposizione del proprio personale ogni strumento idoneo a svolgere le mansioni a questi attribuite.

Così, in correlazione al trasferimento del personale ATA e, quindi, delle relative attribuzioni funzionali allo Stato, non può che essere sostenuto che a quest’ultimo compete di mettere a disposizione dello stesso personale gli strumenti per operare. Fra questi – tenuto conto delle mansioni svolte dal personale ATA – rientra il materiale per le pulizie delle scuole.

Ad ulteriore supporto di quanto espresso, devesi ricordare che le norme dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, tese ad impedire l’insorgenza di situazioni pericolose, sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso.

Da ciò consegue che il datore di lavoro è sempre responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di adottare idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente.

Quanto ora espresso implica che il datore di lavoro (le istituzioni scolastiche) debbano provvedere anche a vigilare sull’uso dei predetti materiali da parte del personale de quo, utilizzo che coinvolge la sua scelta e fornitura nonché il suo stato di manutenzione, aspetti che dunque ricadono certamente nell’ambito delle competenze funzionali dello stesso datore di lavoro e necessariamente, non di altri, posto che “ognuno è responsabile di quanto dallo stesso compiuto”

Viceversa per l’Ente Locale sarebbe impossibile verificare il rispetto delle norme per la sicurezza e le modalità di svolgimento del servizio e dell’uso dei materiali e dei mezzi, da parte di lavoratori dipendenti da altri Enti.

Conclusioni

Detto quanto sopra, non si può condividere l’interpretazione che viene data nella nota dell’Avvocatura della dizione spese varie d’ufficio che sarebbero “quelle che occorrono in via ordinaria e normale affinchè l’organizzazione logistica permetta alla vita scolastica, nella quotidianità, di procedere”. Tale interpretazione estensiva contrasta con la lettura ed interpretazione che delle norme citate hanno dato, insieme all’Anci, alcuni organi giurisdizionali su ricorsi di scuole enti locali, ed è stata più volte ritenuta illegittima dalla Corte Costituzionale;

Non tutto quello che occorre alla vita scolastica è di competenza dei Comuni, come la stessa Avvocatura riconosce per l’uso di Internet e per la Tarsu che sono sicuramente correlate.

E se l’uso di Internet, per lavoro d’ufficio e non didattico, pur non previsto da nessuna norma, trova i Comuni disponibili, nei limiti di una corretta utilizzazione, viste le modifiche introdotte nel nostro lavoro dalle nuove tecnologie, l’organizzazione scolastica deve essere resa anche coerente con le finalità delle recenti norme, prima tra tutte l’autonomia.

Ulteriore perplessità suscita l’accenno contenuto nella nota dell’Avvocatura in due distinti passi alle risorse destinate alla voce spese di pulizia nella legge 23/96: “ Anche di tali spese, come si accennò, si tenne conto nella determinazione delle somme da trasferire all’ente locale. Dunque, le spese occorrenti per l’acquisto del materiale di pulizia sono a carico dei comuni.”

Il complesso sistema per la rilevazione ed il trasferimento degli oneri dai Comuni o dallo Stato alle Province, in esecuzione della legge 23/96, non fa parte delle fonti normative per stabilire a chi spettassero tali competenze, ha solo fotografato la situazione, rilevando che i comuni all’epoca provvedevano a fornire al personale delle scuole superiori di propria competenza (licei classici, magistrali etc), materiale per la pulizia dei locali scolastici, inoltre la determinazione dei costi sostenuti negli ultimi 3 anni nelle scuole superiori era prevista al fine di evitare che le Province assumessero una competenza senza risorse e fossero costrette ad interrompere il servizio di pulizia presso dette scuole, (circolare F.L. 27/96)

I comuni sono stati privati di fondi a favore delle Province, anche se era esplicitamente previsto nella circolare che si dovevano indicare nella voce Spese di pulizia “le spese effettivamente sostenute attraverso contratti di appalto o con altra simile forma, indipendentemente dal fatto che per alcuni tipi di scuola il comune non vi fosse tenuto”.

Quindi non era detto che il comune fosse tenuto a sostenere quelle spese, ma se lo aveva fatto per un atto di liberalità verso la scuola, quelle somme sono state trasferite alle province. Il meccanismo è stato già di per sé particolarmente punitivo non sembra si possa riutilizzare.

Anci 19 gennaio 2006