La valutazione pedagogica dei servizi per l’infanzia nelle politiche dei comuni italiani

Crisi del welfare

Le esperienze di valutazione pedagogica dei servizi per l’infanzia prendono avvio nei primi anni ’90 quando nel nostro Paese si pone con urgenza il problema della sostenibilità del welfare in un contesto di austerità e di contenimento della spesa pubblica. Sono gli anni in cui il sistema di protezione sociale costruito nel dopoguerra entra in una crisi irreversibile e con esso il modello di gestione pubblica dei servizi. Le vicende di Tangentopoli provocano una pesante delegittimazione della classe politica e degli apparati pubblici. Nel contempo il Paese, con un debito pubblico oramai fuori controllo, rischia di restare ai margini dell’unificazione monetaria europea.

Sostenibilità e sussidiarietà

La sostenibilità economica e la sussidiarietà diventano i criteri guida del processo di riprogettazione del welfare state. Si afferma un orientamento di stampo neo-liberista che impone politiche di austerità e di risanamento dei conti pubblici, di riduzione dell’intervento dello Stato e delle autonomie locali nella gestione dell’economia e dei servizi, con deleghe sempre più estese ai privati.

Austerità

I comuni adottano politiche di austerità e di risanamento dei conti pubblici e diventano i destinatari di processi di riforma orientati ad un decentramento territoriale che ha lo scopo di avvicinare il livello delle scelte e degli interventi alle comunità e ai loro bisogni.

Efficienza ed efficacia

Le autonomie locali e l’intero comparto pubblico vengono coinvolti in progetti di innovazione che puntano a trasformarli da amministrazioni di procedimenti in amministrazioni di risultati, per far acquisire loro una capacità imprenditoriale nella realizzazione delle prestazioni di competenza. L’economicità dei servizi e il miglioramento dei loro indicatori di efficienza acquistano sempre più peso nelle valutazioni dei vertici politico-amministrativi comunali, che assumono come riferimento i valori e i linguaggi mutuati dalla cultura economica delle imprese private. Viene introdotto il controllo di gestione per rilevare i costi dei nidi e consentire operazioni mirate di contenimento delle spese e di esternalizzazione dei servizi. Si diffondono le indagini di customer satisfaction e le tecniche di direzione per obiettivi e di valutazione delle performance e dei risultati.

Apertura al privato

I comuni aprono le porte alla collaborazione col privato nella gestione dei servizi e questo segna la conclusione della fase espansiva dei nidi a gestione comunale che aveva contraddistinto i due decenni precedenti.

Esordi della valutazione

E’ in questo contesto di riorganizzazione del welfare locale che vengono realizzati i primi progetti di valutazione della qualità educativa nei servizi per l’infanzia. Ciò avviene nei comuni in cui operano amministrazioni che considerano i nidi e le scuole dell’infanzia delle istituzioni della comunità locale con una elevata potenzialità di generazione di qualità educativa e di capitale sociale individuale e collettivo. I progetti adottati si propongono di dare sostanza e visibilità ad un punto di vista pedagogico che espliciti l’identità educativa dei servizi, in una situazione problematica che richiede di ridurre i costi di gestione e di procedere con appalti ed esternalizzazioni.

Orientamento formativo

Si tratta di esperienze di valutazione che assumono da subito un orientamento formativo, con lo scopo di aumentare la consapevolezza pedagogica e la capacità di autodeterminazione degli operatori e, nel contempo, di porsi come un luogo di attenzione per la politica dell’ente locale sul valore di ciò che viene prodotto nei servizi e su quanto può essere migliorato. L’intento è di aprire un dialogo tra le riflessioni e le scelte di natura pedagogica e il piano più strettamente economico-gestionale. Un dialogo tra razionalità diverse: l’una strumentale, legata all’economicità dei servizi, e l’altra aderente ai valori e alla mission educativa. Un confronto necessario per evitare che il parametro dell’efficienza diventi il principale, se non l’unico criterio di valutazione dei servizi considerati un costo e non un investimento.

Le due letture della qualità

L’impegno per cercare di rendere complementari le due diverse letture e rappresentazioni dei servizi dà risultati in quelle amministrazioni che si sono dotate di una politica e di un sistema della qualità che consente di interfacciare, lungo la filiera di produzione di un servizio e del suo valore, i diversi ruoli e poteri, i differenti background e parametri professionali coinvolti nella negoziazione delle scelte, in una prospettiva di apprendimento organizzativo. Ciò consente di mettere in comunicazione i tre livelli della valutazione: quello dei servizi e delle loro reti, quello delle performance dei dipendenti (soprattutto dirigenti) e quello delle politiche di settore. In tal modo la valutazione della qualità pedagogica diventa un riferimento essenziale per le politiche educative del comune e per la verifica del loro impatto sociale e culturale ai fini di un loro possibile riposizionamento strategico.

Le due Italie

Riguardo alla diffusione delle pratiche di valutazione, sussiste nel nostro Paese una solida corrispondenza tra esse e il livello della presenza e della qualità dei servizi nei diversi contesti locali. Contesti inseriti in una situazione nazionale segnata da una storica e profonda differenziazione territoriale tra Nord e Sud, che riguarda in particolare i nidi d’infanzia, ancor più che i servizi sociali, la sanità e, per tanti aspetti, l’istruzione e l’università. Una situazione che permette di affermare che i bambini e le famiglie italiane vivono in uno stato che non è ancora unitario e che fruire di nidi, e tanto più di nidi di buon livello, dipende dal comune di residenza.

Siamo in presenza di due Italie: una del Nord e di gran parte del Centro, con un welfare più simile a quello continentale, e una del Sud, con un welfare arretrato, caratterizzato da una quantità e qualità più povera dei servizi, con scarsi rendimenti dei governi locali e con un Terzo settore dotato di minori potenzialità. Una situazione che ci richiama la famosa espressione di Abramo Lincoln: “a house much divided”.

Cause dislivelli territoriali

Questo dislivello territoriale è il frutto del fallimento dello stato centrale nello svolgimento della sua funzione redistributiva e dell’assenza di indirizzi nazionali sui livelli delle prestazioni da garantire nei servizi per l’infanzia. Ma dipende anche dal processo di regionalizzazione dei sistemi di welfare che ha legato i servizi ai territori in modo coerente con le loro caratteristiche economiche, culturali e sociali e con le loro culture politiche e amministrative. In tal modo si è determinata una situazione segnata da differenti normative regionali e da diversi gradi di impegno politico locale che hanno consolidato, e persino accresciuto, il divario tra le città e le regioni. Una situazione che attualmente rende più difficile realizzare un sistema di federalismo fiscale in grado di ridurre i dislivelli territoriali. E questo perché si dovrebbe disporre di un grande fondo perequativo che, come insegnano le esperienze tedesca e spagnola, sarebbe inevitabilmente oggetto di profondi contrasti e divergenze.

Diverse tipologie della valutazione

I nidi, in particolare, risultano più che mai legati, nel bene e nel male, alla loro appartenenza e configurazione locale, allo stesso modo delle esperienze di valutazione pedagogica che presentano anch’esse un radicamento diseguale sul territorio nazionale, con tipologie e modalità di svolgimento le più diversificate tanto sul piano dell’efficacia quanto della loro credibilità. In tante parti, infatti, la valutazione della qualità costituisce una dimensione più dichiarata che perseguita, più promessa che documentata, più idealizzata che realizzata. Frequenti sono le collusioni tra un valutatore che sa in partenza che ciò che viene dichiarato non sarà per molti versi realizzato e chi scrive il progetto, il quale si sente sicuro di poter affermare cose che non verranno attuate e tanto meno verificate.

Profili deboli della governance

Queste inadeguatezze rispetto alla valutazione dei servizi sono presenti soprattutto laddove i comuni hanno assunto un profilo debole nella governance del sistema, e più che fare (in proprio) e far fare (in collaborazione col privato), si limitano a lasciar fare aprendo le porte di fatto ad una privatizzazione strisciante dei servizi.

Fatica a mantenere i livelli

Ma anche i comuni che assumono la valutazione della qualità come un elemento portante della regolazione della rete locale dei servizi per l’infanzia, oggi faticano a tenere le posizioni. Non mancano, infatti, progetti di valutazione abbandonati per strada, riduzioni negli organici dei coordinatori (figure strategiche nelle pratiche di valutazione), tagli dei fondi per la formazione congiunta del personale del pubblico e del privato convenzionato e per i progetti di miglioramento. In questa situazione recessiva e di contrazione delle risorse, l’attenzione degli amministratori viene rivolta primariamente al mantenimento del livello dei servizi e alla loro sopravvivenza.

Fattori di protezione della qualità

Il principale fattore di protezione delle qualità dei servizi è costituito dalla competenza politica, culturale e gestionale che i comuni hanno affinato negli anni. Una competenza che nasce dalla conoscenza diretta dei servizi, che scaturisce dall’expertise nella gestione in rete del gioco cooperativo coi privati e dalle buone pratiche realizzate in conseguenza di un lavoro di onesta manutenzione del pensiero pedagogico che sostiene i propri servizi. Si tratta di competenze che non si improvvisano e tanto meno si esternalizzano. A tal proposito, uno dei rischi che si intravedono nelle politiche di progressiva dismissione della gestione diretta di nidi e scuole dell’infanzia è proprio quello di ridurre significativamente le competenze di progettazione e di valutazione presenti all’interno dell’ente locale e in tal modo di rendere il comune fortemente dipendente dai suoi fornitori. Questo è un aspetto che occorre tener sotto controllo perché è poco percepito da coloro che hanno la responsabilità delle scelte.

Riposizionare i servizi

Oggi più che mai c’è bisogno di autorevolezza nel governo locale delle politiche educative perché i vincoli economici non si possono cancellare e allora bisogna scegliere come posizionare i servizi, attivando dei pensieri per riconfigurarli e coordinando i diversi livelli della valutazione, da quella gestionale ed organizzativa a quella educativa e percepita dai diversi stakeholders. In tal modo la valutazione, rispetto ai vincoli economici, diventa una leva gestionale per determinare le priorità dei servizi, per ridefinirli rinegoziando criteri e standard organizzativi e pedagogici. Si tratta di un’operazione scomoda e complicata in questa congiuntura segnata da anni di recessione che fa dilagare l’incertezza e mette in crisi idee e conquiste che hanno contraddistinto i servizi per l’infanzia dei comuni. Ma queste idee e queste conquiste devono essere curate e sviluppate perché rappresentano ancora oggi una garanzia per la qualità dell’intero sistema dei servizi all’infanzia del nostro paese.

Giovanni Faedi, esperto di sistemi educativi e formativi, già dirigente dei Settori Istruzione, Educazione e Cultura dei Comuni di Cesena e di Ancona