Il comune non può ridurre le ore di sostegno

Sentenza Consiglio di Stato 3 maggio 2023, n. 4473

La settima Sezione del Consiglio di Stato ha rigettato il ricorso in appello del Comune di Torino avverso alla sentenza del TAR Lazio ad esso sfavorevole. Un alunno con disabilità si era iscritto alla scuola dell’infanzia comunale e il GLO aveva richiesto un certo numero di ore di sostegno. Il Comune aveva fatto valutare la richiesta da un proprio organo amministrativo istituito a tal fine, che aveva ridotto il numero di ore richieste. La famiglia si è rivolta al TAR Lazio, che ha competenza esclusiva per le cause di carattere generale. Il Tar Lazio ha dato torto al Comune, il quale ha proposto appello in Consiglio di Stato, che però ha dato ragione alla famiglia, confermando la sentenza del TAR.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 10862 del 2021, proposto dal Comune di Torino, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Massimo Colarizi e Mariamichaela Li Volti, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, via Antonelli 49;
contro
-OMISSIS-rappresentati e difesi dall’avvocato Teodosio Pafundi, con domicilio digitale p.e.c. in registri di giustizia;
nei confronti
Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (ora Ministero dell’istruzione e del merito), non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio – sede di Roma (sezione terza) -OMISSIS-

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di -OMISSIS-
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 aprile 2023 il consigliere Fabio Franconiero e udito per la parte appellante l’avvocato Colarizi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

  1. Il Comune di Torino propone appello contro la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio – sede di Roma indicata in epigrafe, pronunciata sul ricorso dei coniugi -OMISSIS-integrato da motivi aggiunti, per l’annullamento dei provvedimenti dell’amministrazione locale appellante di assegnazione al loro figlio minore -OMISSIS- affetto da disabilità certificate, delle ore settimanali di sostegno per l’anno scolastico 2020-2021, presso la scuola dell’infanzia comunale -OMISSIS- e per l’accertamento del diritto ad ottenere per l’anno scolastico 2021-2022 l’assegnazione di 33 ore settimanali di sostegno, di cui 8 di assistenza specialistica, secondo il rapporto 1 a 1 con le ore scolastiche. I provvedimenti impugnati erano stati adottati dalla «Commissione Inclusione», istituita dal Comune di Torino mediante il proprio regolamento di settore (regolamento per le scuole dell’infanzia comunali), nell’ambito del procedimento di formazione del piano educativo individualizzato ex artt. 14 della legge 8 novembre 2000, n. 328 (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali), e 12 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate). Per quanto di interesse era impugnato anche il decreto del Ministro dell’istruzione, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze del 29 dicembre 2020, n. 182 (Adozione del modello nazionale di piano educativo individualizzato e delle correlate linee guida, nonché modalità di assegnazione delle misure di sostegno agli alunni con disabilità, ai sensi dell’articolo 7, comma 2-ter del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66), nella parte in cui aveva previsto limiti quantitativi di ore di sostegno.
  2. In parziale accoglimento dell’impugnazione, con la sentenza appellata l’adito Tribunale amministrativo – davanti al quale il giudizio era riassunto dopo la declinatoria di competenza del Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte – ha ravvisato la violazione procedimentale consistente nel fatto che i piani educativi contestati erano stati formati senza l’intervento degli organi statali, istituiti in base alle norme di legge nazionale per l’inclusione scolastica, ovvero il «Gruppo per l’inclusione territoriale (GIT)» e il «Gruppo di lavoro operativo per l’inclusione», ai sensi dell’art. 15, commi 4 e 10, della citata legge 5 febbraio 1992, n. 104, come modificato dall’art. 9 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66 [Norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità, a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera c), della legge 13 luglio 2015, n. 107]. La sentenza individuava in particolare il secondo quale «unico organo competente» per la redazione del piano e statuiva che la normativa di legge statale non potesse essere derogata da disposizioni interne dell’amministrazione comunale resistente, con la sostituzione di propri organi rispetto a quelli previsti a livello normativi nazionale. Era invece dichiarata inammissibile la domanda di accertamento del diritto dell’alunno all’attribuzione delle ore di assistenza in rapporto 1 a 1, come preteso dai coniugi ricorrenti.
  3. Con il proprio appello, in resistenza del quale si sono costituiti questi ultimi, il Comune di Torino formula censure intese a sostenere che in relazione all’assegnazione di ore di sostegno in una scuola comunale, come nel caso di specie, non sarebbero titolati ad intervenire gli organi consultivi previsti per le sole istituzioni scolastiche statali, ma opererebbero quelli istituiti dall’ente locale nell’ambito della propria sfera di autonomia amministrativa costituzionalmente garantita (art. 118 Cost.).
    DIRITTO
  4. L’appello censura la sentenza nella parte in cui ha considerato illegittima sotto il profilo procedimentale la partecipazione al procedimento della commissione di inclusione istituita dall’amministrazione comunale, e che invece per quest’ultima «costituisce espressione di potestà autorganizzatoria ex art. 118 Cost. che, per ragionevole simmetria con la scuola statale, affida alla Commissione di inclusione il compito di fornire al dirigente amministrativo delle scuole dell’infanzia comunali il supporto tecnico necessario per garantire l’inclusione dei bambini disabili». Secondo la prospettazione del Comune di Torino, la commissione di inclusione svolgerebbe legittimamente per le scuole comunali le medesime funzioni previste dai corrispondenti organi ministeriali per gli istituti scolastici statali, ed opererebbe quindi in loro sostituzione nell’ambito dell’autonoma organizzazione delle istituzioni scolastiche dell’ente locale.
  5. Gli assunti dell’amministrazione sono tuttavia infondati.
  6. In contrario si deve affermare che le norme sull’inclusione scolastica di studenti affetti da disabilità introdotte con il citato decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66, sono di generale applicazione, senza distinzione tra scuole statali e scuole non statali. L’esclusione di queste ultime dall’ambito di applicazione del medesimo decreto legislativo non trova infatti fondamento in alcuna disposizione del decreto legislativo ora richiamato, ed è anzi smentita dall’art. 2, comma 1, secondo cui le norme in esso contenute sono rivolte «esclusivamente alle bambine e ai bambini della scuola dell’infanzia, alle alunne e agli alunni della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado, alle studentesse e agli studenti della scuola secondaria di secondo grado con disabilità certificata ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, al fine di promuovere e garantire il diritto all’educazione, all’istruzione e alla formazione».
  7. Sul piano testuale non è quindi possibile individuare alcun limite di applicabilità riferibile nello specifico a profili di carattere soggettivo, ovvero all’ente pubblico, Stato o altro livello di governo territoriale, nella cui organizzazione amministrativa è inserito l’istituto scolastico. Deve dunque concludersi che le norme per l’inclusione scolastica introdotte con il decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66, riferibili ad esigenze uniformi su tutto il territorio nazionale, e con cui è stato ridefinito il sistema organizzativo preposto all’integrazione nel sistema di istruzione scolastica di soggetti con disabilità, attraverso l’istituzione dei gruppi di lavoro “multilivello”, si applica anche alle istituzioni scolastiche degli enti locali.
  8. Nello specifico, in base al sopra citato art. 15 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, come modificato dal parimenti sopra richiamato art. 9 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66, ed in seguito dal decreto correttivo, 7 agosto 2019, n. 96, il sistema è così composto: presso ogni ufficio scolastico regionale è istituito il gruppo interistituzionale regionale, con funzioni di consulenza e proposta e di supporto agli organi territoriali; per ogni ambito provinciale opera il gruppo di inclusione territoriale, con funzioni di supporto delle istituzioni scolastiche nella definizione dei programmi educativi individualizzati; quindi il gruppo di lavoro per l’inclusione presso ogni istituto scolastico, con il compito di supportare il collegio dei docenti nella definizione e realizzazione del piano per l’inclusione e i docenti preposti alla relativa attuazione; ed infine il gruppo di lavoro operativo per il singolo alunno, al quale ha fatto riferimento la sentenza di primo grado.
  9. Per quanto di specifico interesse nel presente giudizio, il gruppo per l’inclusione territoriale, «composto da personale docente esperto nell’ambito dell’inclusione, anche con riferimento alla prospettiva bio-psico-sociale, e nelle metodologie didattiche inclusive e innovative», è configurato come organo la cui nomina è di competenza del direttore generale dell’ufficio scolastico regionale (art. 15, comma 4, della legge 5 febbraio 1992, n. 104). La disposizione di legge ora richiamata fa riferimento a competenze specialistiche non fungibili, la cui individuazione è rimessa al vertice dell’organizzazione scolastica su base territoriale. In ragione dei descritti presupposti di legge, la sentenza di primo grado ha correttamente escluso che rispetto ad esso e al gruppo di lavoro operativo per l’inclusione di ciascun alunno potesse operare in sostituzione di quello previsto per legge un sistema simmetrico riferibile all’ente locale, nel caso di specie la commissione di inclusione istituita dal Comune di Torino, ancorché l’alunno sia iscritto ad una scuola comunale.
  10. In relazione al profilo da ultimo evidenziato, va affermato che sull’autonomia degli enti locali ex art. 118 Cost. si impongono le sopra evidenziate esigenze di uniforme trattamento su base nazionale del fenomeno della disabilità e dell’intervento delle amministrazioni pubbliche a tutela dell’integrazione scolastica, espresse dalla legislazione primaria attraverso l’istituzione di un sistema unitario, ordinato su base territoriale, facente capo all’amministrazione scolastica statale. Le medesime esigenze sono a loro volta riconducibili ai principi costituzionalità di uguaglianza, tutela della famiglia e dell’assolvimento dei compiti ad essa relativi, della salute, diritto allo studio e apertura della scuola a tutti, enunciati dagli artt. 3, 30, 31, 32, 33 e 34 della Carta fondamentale e richiamati nel preambolo del più volte richiamato decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66. Rispetto alle medesime esigenze sono quindi destinate a recedere le ragioni di ordine organizzativo e finanziario, prospettate dall’amministrazione appellante, conseguenti alla predisposizione e attuazione del piano educativo individualizzato.
  11. L’appello deve quindi essere respinto, per cui va confermata la sentenza di primo grado. La novità delle questioni controverse giustifica nondimeno la compensazione delle spese di causa.
    P.Q.M.
    Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado.
    Spese compensate.
    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
    Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1, 2 e 5, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera f), del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di riproduzione e diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità del minore, dei soggetti esercenti la responsabilità genitoriale o la tutela e di ogni altro dato idoneo ad identificare i medesimi interessati ivi citati.
    Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 aprile 2023 con l’intervento dei magistrati:
    Roberto Giovagnoli, Presidente
    Fabio Franconiero, Consigliere, Estensore
    Sergio Zeuli, Consigliere
    Maurizio Antonio Pasquale Francola, Consigliere
    Rosaria Maria Castorina, Consigliere