La ristorazione scolastica alla prova di un’utenza dalle molteplici richieste

La ristorazione scolastica è esposta oggigiorno ad una varietà di opzioni religiose, etiche e culturali che possono anche sconfinare in mode e derive ortoressiche,    in particolare quando le famiglie affermano i rispettivi stili di vita. Come rispondere alle diverse richieste? Quali problemi si pongono sotto il profilo nutrizionale? E rispetto alla gestione della produzione dei pasti? Partiamo da quest’ultima.

Se i menù si moltiplicano, aumentano e si differenziano i processi produttivi e questo favorisce sempre più il tramonto delle cucine collocate nei plessi scolastici, al servizio degli alunni che li frequentano. Ma, al di là dell’incremento della tipologia di pietanze da produrre, la presenza di cucine interne alle scuole sta declinando in ogni dove, rimpiazzate da centri di cottura di medio-grandi dimensioni. Le esigenze di razionalizzazione, ai fini di una maggior economicità delle produzioni, spingono sempre più “fuori mercato”  le piccole realtà, con la loro tradizione di buona e amichevole cucina. Il “piccolo è bello” non sta incontrando grandi fortune, persino in campo scolastico.

La questione diventa più complicata, anche sotto il profilo culturale e educativo, se consideriamo gli aspetti nutrizionali. Perché, a fronte delle più disparate richieste, non si può che ribadire la superiorità del “modello” meditarraneo nella  prevenzione delle malattie cronico-degenerative e per la buona crescita soprattutto in età evolutiva. Esiste una sterminata ed aggiornata letteratura scientifica sull’argomento che evidenzia il valore della scelta “mediterranea” e i rischi che si corrono se si escludono determinati gruppi e varietà di alimenti essenziali per una sana alimentazione. Pertanto, la dietetica della ristorazione a scuola non può che adottare e promuovere il “modello” mediterraneo. Un modello rispetto al quale le possibili varianti nella scelta degli alimenti debbono venir valutate e validate nel rispetto delle linee di indirizzo adottate a livello nazionale. Linee della ristorazione scolastica che sono in via di aggiornamento presso il Ministero della Salute e che non potranno che ribadire, per lo stato dell’arte a livello internazionale, l’orientamento del “modello” mediterraneo.

Quella scolastica non è una ristorazione commerciale che corre dietro ai desiderata della clientela. Non siamo ancora giunti a questo punto. Anche se a qualcuno non dispiace l’idea di una famiglia che abbia il diritto, in considerazione del suo primato nell’educazione del figlio, di richiedere ed ottenere dalla scuola un cibo in linea con le proprie convinzioni. Questa è la direzione assunta, per molti versi, dalla vicenda del “panino domestico” con i suoi strascichi legali, che può accreditare in prospettiva una scuola del “fai da te”, in contrasto con l’idea di scuola inclusiva, partecipata, capace di assicurare l’eguaglianza delle opportunità educative.

Resta sempre in primo piano, con tutte le problematiche e le difficoltà del caso, la missione affidata alla scuola di promuovere una corretta educazione alimentare nei confronti degli alunni e delle loro famiglie, anche sul piano delle conoscenze e dell’assunzione di un atteggiamento critico nei confronti delle fonti di informazione. Ad esempio, la scelta vegana, che costituisce uno dei motivi di maggior attrito nella interlocuzione coi genitori, non è motivata sul piano salutistico ed ambientale, come sostenuto da inaffidabili siti Web e stampa “di parte”, ma è unicamente dettata da opzioni etiche indirizzate al rispetto della sofferenza animale. Allo stato attuale, queste sono le conclusioni della ricerca scientifica che non valuta la rispettabilità della scelta filosofica, bensì l’inadeguatezza delle sue prescrizioni per la salute infantile.

E’ importante, dunque, riportare nella “comunità scolastica” il confronto su un piano in cui le differenze in fatto di opinioni e di stili di vita possano incontrarsi e trovare mediazioni accettabili, comunque rispettose di quanto ci viene consegnato dalla ricerca scientifica. Una ricerca certamente in evoluzione, che deve essere di casa in una scuola che si considera res publica, luogo e occasione di decondizionamento sociale, di democrazia ed acquisizione di diritti di cittadinanza, di promozione della crescita culturale per l’intera collettività.

Giovanni Faedi, esperto di sistemi formativi e servizi educativi, componente la Commissione Istruzione dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani, già dirigente dei Settori Istruzione ed Educazione dei Comuni di Cesena e Ancona.